Ac'Hadurta

storia fantasy originale (ovviamente yaoi)

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. nelith
        +1   +1   -1
     
    .

    User deleted


    Ok, sembra che non piaccia ma voglio comunque mettere anche il primo capitolo ^^


    Capitolo I
    Hadramarrias


    Precipitava nel vuoto, intorno a lui le tenebre erano quasi fluide: sembravano scorrere sul suo corpo pallido, insudiciandolo. Mentre cadeva, ripensava alla battaglia appena vinta e a quello che era appena successo: era caduto. Credeva di essersi finalmente liberato dalle influenze dell'Abisso, e invece adesso stava per precipitarci dentro. Lo sapeva bene, nessuno poteva uscire dall'Abisso, nessuno poteva sopravvivere. Stava per dar voce a tutta la sua frustrazione, quando l’aria attorno a lui si fece meno densa e riuscì a intravedere un’ampia macchia scura, verso il suolo, pochi istanti prima di sprofondarci.
    L’acqua putrida gli riempiva il naso e la bocca, sapeva di erba marcia e fango, e ne aveva la stessa consistenza. Era più densa dell’acqua cui era abituato, quasi viscida. Cercò di ritornare verso la superficie, muoveva freneticamente sia le gambe che le braccia; aveva perso il senso dell’orientamento ma percepiva la spinta verso l’alto e cercò di assecondarla in tutti i modi possibili. Una volta uscito dall’acqua, intravide la riva dello stagno putrido ad alcuni metri di distanza: tossiva e gli occhi gli bruciavano, credeva sarebbe stato meglio una volta fuori all’aria, ma si sbagliava.
    Arrancava nel lago; era quasi giunto alla riva quando si sentì afferrare per una caviglia, il demone che lo aveva trascinato fino a li era alle sue spalle. La creatura si era avvicinata pericolosamente, trascinandolo sott'acqua; le zanne, ormai prossime alla sua gola, non le poteva vedere, ma sapeva che erano lì. Mentre cercava di divincolarsi, si rese conto che stava impugnando ancora la sua spada, e lentamente la mosse nell'acqua melmosa, trafiggendo il demone; il taglio non era profondo, ma permise all'elfo di raggiungere la riva e issarsi fuori dal lago. Il demone ringhiò furioso e lo raggiunse in fretta verso la riva: ma non riuscì ad agguantarlo. Talys fu più rapido, e conficcò la sua lama nel cranio delle creatura, facendola uscire dal mento. La estrasse trascinandolo verso l'alto e lo decapitò: dovette farlo uscire completamente dall'acqua per riuscire nell'impresa,lo colpì al collo come se stesse cercando di tagliare un tronco con un'accetta. La lama aveva perso completamente il suo filo; L'ultimo colpo che recise la colonna vertebrale, fu anche quello che spezzò in due la lama. Il frammento della punta volò nelle acque putride le lago, mentre Talys restava con l'elsa e ciò che restava della sua spada. Il suo lavoro non era ancora finito: cercò il cuore del demone e affondò ciò che gli rimaneva della spada, torcendola e cercando di spappolarlo il più possibile. Si accasciò al suolo, stremato e completamente fradicio, doveva riprendersi un po' prima di spostarsi.
    Forse era colpa dell’acqua putrida che gli era entrata nel naso e nella bocca, ma l’aria era nauseabonda. Si appoggiò ad una pietra vicino a lui per cercare di rimettersi in piedi, ma prima di riuscirci le braccia gli cedettero, e vomitò oltre la roccia i succhi gastrici e l'acqua marcia che aveva ingerito in precedenza. Con uno sforzo riuscì a rimettersi in piedi; lui era un cavaliere! non si sarebbe arreso per così poco. Lui sarebbe sopravvissuto a tutti i costi. Iniziò ad avanzare nelle tenebre; la spada era distrutta, e tutto quello che gli restava era un pugnale, ma anche quello si stava lentamente corrodendo. Sperava di non trovarsi veramente nell'Abisso, ma il plumbeo cielo che riusciva a scorgere tra le montagne, e la tetra luce crepuscolare che avvolgeva ogni cosa non gli lasciava molte speranze. Senza contare la strana reazione che aveva il metallo elfico, a contatto con l'acqua e l'aria fetida del luogo. Nonostante tutte le sue buone intenzioni, le forze iniziarono a venirgli meno, l’aria era sempre più nauseante, e respirare diventava sempre più difficile. Era quasi allo stremo delle forze, quando udì distintamente delle voci e il rumore dell’acciaio che cozzava contro altro acciaio. – Una battaglia, come sono fortunato.- pensò, cercando riparo tra le rocce, e serrando la presa attorno al pugnale, sperando di essere fortunato.
    Gli Dei non lo ascoltarono.
    Vide una sagoma scura apparire davanti a lui, provò a colpirla ma senza riuscirci: non era mai stato così lento, il guerriero davanti a lui gli puntò la lama alla gola, per poi allontanarla un attimo e affondare
    Una mano bloccò il movimento dell'arma, prima che la lama affondasse nella carne dell'elfo. Il primo guerriero sibilò contro chi lo aveva fermato, che a sua volta gli disse qualcosa. Talys non capiva la loro lingua, le voci erano strane sembravano ovattate. Il secondo guerriero gli si avvicinò: la metà inferiore del volto era coperta da una maschera di metallo, gli copriva naso e bocca, prima di svenire vide un paio occhi scuri che lo fissavano curiosi, poi furono ancora tenebre.

    ***


    «Perché lo avete fatto Kyrarsíl?» il guerriero si voltò verso il compagno, mentre ritornavano nel cuore delle montagne, trasportando la creatura che avevano appena trovato.
    «Noi uccidiamo i demoni, Melmoornos. Questo non è un demone.» prima di sollevare l'elfo gli aveva messo la sua maschera: ora respirava meglio, anche il battito cardiaco era più regolare.
    «Resta comunque un intruso nel nostro territorio. Merita la morte.»
    «Dubito che sia giunto da noi volontariamente. Credo che Zaymesyàth, prima di decidere della sua sorte vorrà fargli qualche domanda.» a quelle parole, il giovane soldato, non poté opporsi, il Danarm Yrrioth aveva ragione. Nessuno degli altri guerrieri aveva osato opporsi alla sua decisione, lo seguivano ciecamente, com’era sempre stato.
    Non impiegarono molto a ritornare nella loro città, scolpita nella pietra e nella luce, Kyrarsíl consegnò il ragazzo a uno dei suoi compagni ordinando di portarlo al tempio, lui sarebbe andato ad avvertire Zaymesyàth del ritrovamento.
    Il sacerdote si occupò immediatamente del ferito. L'Irt Draupour Sîng Viînd, l’arte del sangue e della carne, veniva utilizzata per la cura delle ferite, era una pratica sacerdotale utilizzata solo per fini curativi, raramente veniva usata per infliggere dolore e dolore. I sacerdoti e le sacerdotesse dediti all’uso di quest’arte difficilmente scendevano in battaglia, e se lo facevano era solamente come supporto, la loro era una tecnica di contatto, ed era raro che entrassero in corpo a corpo con i demoni. Dalle ferite del ragazzo iniziò a fuoriuscire il liquido nero del lago, le ossa si risaldarono tra loro e anche i polmoni furono ripuliti dall’aria tossica che aveva inalato. Il sacerdote non aveva fatto domande quando gli era stata consegnata quella strana creatura dalle orecchie appuntite, era stato Kyrarsíl a condurlo nella loro città i suoi ordini erano secondi solo a quelli dell'Arcidiavolo.

    ***


    Il ragazzo si svegliò alcune ore dopo. La luce filtrava attraverso la finestra priva di vetri, era sicuro che provenisse dall'alto: si guardò attorno cercando di ricordare dove fosse.
    Sono stato trascinato nel portale, ma a quanto pare non sono nell'Abisso.- scoppiò in una fragorosa e musicale risata, si sentiva sollevato. La risata attirò un'ancella, che entrò nella stanza proprio mentre lui provava di alzarsi, la ragazza cercò di fermarlo e rimetterlo a letto,e lui cedette senza opporre troppa resistenza, non ne aveva la forza non riusciva a reggersi in piedi. Non riconosceva il linguaggio della ragazza ma non se ne preoccupò, non poteva essere un demone; qualcosa in quella ragazza gli ricordava il suo popolo. Poco dopo arrivò quello che sembrava essere un sacerdote che mandò l'ancella fuori dalla stanza. Si occupò di Talys, cercando di fargli capire che non doveva muoversi. Il sacerdote aveva dei corti capelli tendenti all'arancione scuro e occhi verde pallido, sulla fronte portava uno strano diadema formato da un sottile intreccio d’oro rosso, o almeno gli assomigliava, e si avvolgeva attorno ad una placca ossea acuminata, come un piccolo corno. -Il simbolo della loro fede forse.- Il ragazzo assecondò il sacerdote e si sdraiò sul letto. La sua tunica era bianca con rifiniture tra il giallo e il rosso, le maniche ampie coprivano in parte anche le mani, e scendeva fin sotto le ginocchia, aprendosi dai fianchi in giù, con l’allacciatura sulla parte sinistra. I pantaloni erano identici alla tunica, non indossava scarpe. Quando si fu accertato che il ragazzo non aveva più intenzione di provare ad alzarsi, uscì nuovamente dalla stanza, mentre l'elfo si riappisolava osservando la luce bianca che filtrava dalla finestra.
    Passarono alcuni minuti, poi il ragazzo sentì una nuova presenza accanto a lui, che lo osservava: si voltò e vide due occhi arancioni con sottili venature dorate che lo osservavano, curiosi. Aveva lunghi capelli biondo oro con riflessi rossicci, labbra sottili e la carnagione molto pallida. Lo fissò a lungo prima di parlare, e quando lo fece la sua voce aveva un marcato accento gutturale, ma era gentile.
    «E tu chi saresti?» l'elfo non si scompose; era felice di essere vivo e di non trovarsi nell'Abisso, così si presentò.
    «Io sono Talys, figlio di Séndil di Erial-Nár, lieto di fare la vostra conoscenza. Grazie per avermi fatto curare.»
    «Non devi ringraziare me, ma Kyrarsíl.» indicò un guerriero alle sue spalle, con lunghi capelli viola scuro, legati in una treccia che arrivava fino a metà polpaccio, gli occhi erano dello stesso colore dei capelli, solo con qualche pagliuzza azzurrina. «E’ stato lui che ti ha condotto qui.» Talys fece un cenno di ringraziamento con il capo verso Kyrarsíl, che rispose con un lieve sorriso: c’erano solo loro tre nella piccola stanza del tempio. Poi tornò a rivolgersi verso quello che aveva appena parlato.
    «Posso conoscere il vostro nome?» il biondo spalancò leggermente gli occhi poi sorrise.
    «Ti chiedo perdono piccolo elfico, sono molto conosciuto e non sono più abituato a presentarmi. Sono Zaymesyàth capo clan degli Hadramarrias, ben arrivato nella mia dimora. Dimmi, cosa ti porta in questi luoghi maledetti, privi di luce e di calore?» Talys si voltò verso la finestra poi nuovamente verso il suo interlocutore, perplesso.
    «Mi sembra la luce non manchi.»
    «Solo qui e in pochi altri luoghi, non è naturale, qui siamo nelle profondità degli Ac’Hadurta, siamo in una caverna nel cuore delle montagne. Ti trovi nell'Abisso e vorrei sapere come mai sei giunto fino a qui.» il ragazzo sbiancò, saltò giù dal letto con gambe malferme, rischiando di cadere e si diresse vero la finestra. Vide alte case scavate nella pietra, come se avessero modellato gigantesche stalagmiti a loro piacimento; il soffitto di roccia leva impediva la vista del cielo e un enorme cristallo bianco al centro di esso che illuminava la città. La caverna si doveva estendere per chilometri, anche il soffitto era immenso. Cadde a terra in ginocchi e iniziò a tirare pugni contro il pavimento in preda alla disperazione. -Sono finito davvero qui, maledizione! Ma se sono nell'Abisso allora loro ....- Si voltò di scatto, spaventato, verso quello che gli aveva parlato e che ora lo guardava con un sorriso malinconico, sembrava aver intuito i suoi pensieri, o almeno aveva capito che non si trovava lì per un motivo preciso ma per uno sfortunato errore.
    «Voi siete demoni.» il sorriso sembrò allargarsi leggermente sul suo viso di Zaymesyàth; senza mai scoprire i denti.
    «No, noi non siamo demoni, siamo diavoli.»
    «Non sono due modi diversi per definire la stessa razza?» l'Arcidiavolo inarcò un sopracciglio e inspirò.
    «Non mi offenderò, solo perché vedo il dubbio e la paura nei tuoi occhi. No, demoni e diavoli sono due entità ben distinte, perennemente in guerra tra loro: li odiamo da sempre, generazioni di diavoli si sono scontrate contro generazioni di demoni. Noi amiamo definirci come l'ultima avanguardia della luce in questo luogo di tenebra, sangue e cenere.» l'elfo non sembrava molto convinto, conosceva bene le storie sull'Abisso, e mai aveva sentito parlare di simili creature se non come sinonimo di "demoni".
    «Faccio fatica a crederlo...»
    «Non sono sorpreso. Ma ora dimmi, sto ancora aspettando una risposta.» Talys lo guardò immobile ancora inginocchiato vicino alla finestra, cercando di capire se poteva fidarsi. -Non mi avrebbero curato se mi avessero voluto morto, e mi stanno trattando con ogni riguardo.- abbassò lo sguardo sul pavimento di pietra e inspirò profondamente prima di parlare.
    «C'è stata una guerra nel Thril-Galindë, uno stregone pazzo ha evocato uno dei signori dell'Abisso, ed io ho combattuto contro di loro. Anni di guerre e massacri: è stato un genocidio. L'ultima parte della battaglia, l'ho combattuta oltre le porte di Jerucah, poco distante dallo scontro principale con il demone maggiore. Quando il demone è stato sconfitto, anche quelli minori sono tornati nell'Abisso attraverso i portali. Uno di loro mi ha afferrato e trascinato nel portale con lui.» fece una pausa per cercare di controllare la voce, che sembrava spezzarsi. «Sono sprofondato in un lago putrido, e li l'ho affrontato e ucciso. Sono stato fortunato che fosse solo un demone bestiale, la mia spada si è distrutta: ora sono disarmato.»
    «Capisco. Quindi sei abile nell'uccidere i demoni?»
    «Sì, sono sopravvissuto per anni da solo con la mia spada e adesso non mi resta più nulla.»
    «La tua spada era un'arma elfica? O comunque incantata in qualche modo per essere più letale conto i demoni?» Talys annuì.
    «Era fatta apposta per i demoni, non capisco per quale motivo si sia spezzata.»
    «Questo è l'Abisso, armi simili hanno vita breve in questi luoghi. L'energia negativa e corrotta è troppo forte per lasciare illese armi simili. Anche tu stavi per morire, e solo per aver passato pochi minuti in questo mondo. Sei stato fortunato ad essere stato trovato da Kyrarsíl, un altro ti avrebbe ucciso al suo posto, come mi hanno detto che stava per accadere.» l'elfo deglutì rumorosamente, era sopravvissuto fino ad allora non poteva morire in un modo così inutile. Zaymesyàth prese una sottile striscia di cuoio, appoggiata su un piccolo comodino, a cui era annodato un anello. Era di semplice acciaio ma recava un'incisione elaborata di una rosa.
    «Questo che cos’è? Ti appartiene?» Talys sollevò lo sguardo e vide che osservava l’anello.
    «Sì, mi è stato donato quando mi hanno nominato cavaliere, pochi giorni fa. L’ordine di Nim’Cartel, la Rosa Bianca.» tese la mano verso di lui e l’Arcidiavolo glielo appoggiò sul palmo.
    «E’ un titolo importante?» Talys si rigirò l’anello tra le dita, e rimase in silenzio ad ammirarne i riflessi.
    «In un certo senso sì. E’ un titolo che viene concesso solo ai guerrieri migliori, è stato un grande onore riceverlo.» Zaymesyàth annuì e gli sorrise gentilmente.
    «Adesso torna a letto, riposati. Quando starai meglio riparleremo.» il diavolo si voltò verso la porta e si soffermò un istante prima di allontanarsi. «Ti consiglio di non uscire dal tempio, noi siamo una popolazione chiusa e solitamente non accogliamo estranei. Alcuni potrebbero non apprezzare la tua presenza qui. » uscì accompagnato dal suo compagno che si chiuse la porta alle spalle. Talys rimase a fissare la porta per qualche tempo prima di rimettersi in piedi e tornare vero il letto.

    ***


    Percorsero in silenzio la strada che conduceva verso il palazzo; Zaymesyàth precedeva il compagno, quando passavano tutti abbassavano lo sguardo in segno di rispetto ma lui non ci faceva caso, non solo perché era abituato a quelle attenzioni, ma soprattutto perché continuava a pensare all'elfo. Il palazzo in cui entrarono era in pietra grigia; il pavimento era di qualche tonalità più scuro, subito dopo l'entrata, sulla pavimentazione stava lo stemma del clan Hadramarrias e altri sei simboli più piccoli disposti attorno,che rappresentavano gli altri clan infernali. Zaymesyàth si diresse verso un piccolo salotto, dove era solito passare la maggior parte del tempo, occupandosi dei suoi obblighi di capo clan. Non amava la burocrazia, tutt'altro; le contrattazioni e i vari consigli con gli altri clan lo esasperavano, ma li accettava per il bene del suo popolo. Kyrarsíl gli si sedette accanto, sul bracciolo della poltrona, dove l'arcidiavolo si era sistemato.
    «Non so se il nostro piccolo ospite sia stato fortunato o meno ad incontrarti.» Zaymesyàth appoggiò una mano sulla gamba del compagno e l'accarezzò con lentezza, soprappensiero.
    «È vivo, dovrebbe essere felice. »
    «È vivo, ma è anche rinchiuso in questa prigione. Non so quanto potrà resistere uno del suo popolo qui.»
    «Lo vuoi uccidere?» l'Arcidiavolo sorrise.
    «No Kyra, non farei mai nulla di simile. Sembra un tipo combattivo. »
    «Lo è, avresti dovuto vedere i suoi occhi, quando Melmoornos stava per affondare il colpo. Posso chiederti cosa ti ha raccontato? »
    «Mi ha parlato di una guerra contro uno dei Lord evocato al di fuori dell'Abisso, deve trattarsi di Asmodeus, è lui che è appena stato ricacciato in questa prigione. In nostro piccolo ospite, Talys questo è il suo nome, è stato condotto fino a noi da un demone minore che l'ha afferrato e trascinato con sé nella caduta.»
    «Non è stato molto fortunato... Comunque Radimaar mi ha assicurato che è pulito, non gli sono stati trovati addosso ne parassiti ne sangue demoniaco. A quale razza appartiene? Non è la prima volta che ti sento parlare quella lingua così melodica.» l'Arcidiavolo rise divertito.
    «Melodica dici? Paragonato al modo in cui parla lui, risulta quasi abominevole il mio accento. Potrei chiedergli d'insegnarmela un po' meglio, e in cambio potrei insegnargli la nostra: non credo potrà andarsene tanto presto. Comunque sia è un elfo, ma non so di quale razza, glielo chiederò la prossima volta. »
    «Ha dei begli occhi ... » Zaymesyàth sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi del compagno.
    «È appena arrivato e ne sei già affascinato. Dovrò cercare di tenerti il più lontano possibile da lui. »
    «Esagerato, ho solo detto che è bello,non che voglio "giocare" con lui.»
    «Sarà meglio. Dovrò dare la notizia alla popolazione, anche se ormai sarà già noto a tutti. Staranno aspettando la mia conferma. » sospirò rassegnato. «Sarò costretto anche a convocare un consiglio per comunicarlo agli altri capo clan, poi decideremo cosa fare con il nostro ospite. »
    «Non permetterai che quegli stronzi dei Darphyrer lo uccidano, vero?»
    «Non ha fatto nulla per meritarsi la morte, anzi, ha ucciso il demone che lo ha condotto fino a noi. Se Sayuragath vorrà eliminarlo, avremo molto di cui discutere.»
    «Conoscendolo lo proporrà senza alcun dubbio.» Kyrarsíl era irritato, quell'Arcidiavolo non era molto incline al dialogo: se c'era un intruso doveva essere eliminato questo era il suo pensiero fisso, anche se non si fosse trattato di un demone.
    «Non è né un demone né un criminale, per adesso sarà sotto la mia protezione e nessuno dovrà torcergli un solo capello, o se la vedrà con me o con il mio Danarm Yrrioth.»
    «Speriamo di non dover arrivare a tanto per uno straniero.» l'Arcidiavolo sospirò, per quanto non desiderasse eliminare il nuovo arrivato, la pace tra i clan aveva la precedenza.
    «Potremo prenderlo e abbandonarlo da qualche Lord. Ti piace di più quest'idea?» Kyrarsíl spalancò gli occhi, sconvolto.
    «Oh Dei! Stai scherzando vero? Chissà cosa potrebbero fare i demoni a una creatura simile. Tremo al solo pensiero.»
    «Secondo te potrei parlare sul serio. Sai bene quanto i demoni mi siano ... Simpatici. Comunque ci penseremo durante il consiglio, adesso lasciamolo stare. »
    «Se sapessero che ti ha guardato e che ti ha parlato in quel modo, l'intera popolazione sarebbe favorevole ad eliminarlo.»
    «In quanti credi parlino l'elfico? In quale altro modo potevamo fare?» il Danarm Yrrioth sorrise maliziosamente.
    «Tutte scuse, solo perché volevi parlare con qualcuno che non ti conoscesse e che ignorasse la nostra etichetta.» l'Arcidiavolo sorrise a sua volta, non aveva tutti i torti. L'arrivo di quel ragazzo aveva portato un po' di novità nelle profondità degli inferi: da secoli ormai non facevano che scontrarsi sporadicamente con i soldati di Bremorlos e Banatrane. I due Lord mandavano i loro subalterni alla ricerca delle miniere di Láurfor e altri minerali preziosi, nelle profondità degli Ac’Hadurta e ovviamente i diavoli non volevano intrusioni demoniache nel loro territorio, specialmente se erano interessati sia ad eliminarli che a derubarli.
    «Lo confesso, ma sta comunque di fatto che io sia l'unico a parlare l'elfico.» Kyrarsíl sorrise compiaciuto. «Adesso è meglio che convochi il consiglio, prima li informo meglio è.» Zaymesyàth si alzò dalla poltrona e uscì dalla stanza, dirigendosi verso l'ala del palazzo dedicata alla convocazione degli altri Arcidiavoli: sarebbero state delle ore molto intense.
     
    .
252 replies since 11/9/2012, 21:12   3671 views
  Share  
.