Ac'Hadurta

storia fantasy originale (ovviamente yaoi)

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  1. nelith
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    Allora i titoli che metto ai capitoli sono ripugnati...non so nemmeno io perché ho iniziato a cercarli...ignorateli >_< Spero che comunque il capitolo vi piaccia :bonz:

    Capitolo III
    L'ospitalità ha un prezzo



    Talys passò altri due giorni al tempio, destreggiandosi tra i sorrisi di cortesia del sacerdote e le risatine maliziose delle ancelle. Aveva notato una cosa, che all'inizio gli era sfuggita: tutti i diavoli avevano lunghe code che arrivavano circa all'altezza della caviglia. S'intravedevano ondeggiare sinuose attraverso i vestiti. In un primo momento l'elfo le osservò perplesso ,non aveva mai visto nulla di simile, era attratto dal loro movimento ipnotico; era stato tentato più volte di afferrare quella del sacerdote, ma si trattenne: non voleva offenderlo o scatenare la sua furia, era quasi certo che potesse prendere quel gesto come una mancanza di rispetto. Zaymesyath non era più andato a trovarlo, quindi non poteva parlare con nessuno, visto che gli altri non sembravano capire la sua lingua. Passava la maggior parte del tempo affacciato alla finestra, ad osservare la città scolpita nella roccia ed a guardare la vita che brulicava nelle strade, ascoltandone i brusii e le risate. Molti dei diavoli che arrivavano al tempio lo osservavano curiosi affacciato alla finestra, ma quando lui si voltava, alcuni scappavano via ridendo.
    -Questi diavoli sono proprio strani. Non riesco a capire se posso fidarmi o no. Sembrano completamente diversi dai demoni, ma questo è l'Abisso dopotutto...- c'erano due guardie che lo seguivano ovunque quando usciva dalla sua stanza, non poteva lasciare il tempio per nessun motivo, infondo era come stare in prigione. L'Arcidiavolo gli aveva detto che era per il suo bene, ma lui non era abituato a restare fermo troppo a lungo, avrebbe voluto almeno fare un giro per la città.
    Il secondo giorno, mentre era seduto sul piccolo davanzale della finestra, bussarono alla porta , dalla quale entrò Kyrarsíl. Il diavolo s'inchinò leggermente e Talys scese dal davanzale e andò verso di lui ricambiando il saluto. Kyrarsíl passò alcuni minuti a squadrarlo da capo a piedi, soffermandosi prima sui suoi capelli neri non molto lunghi, che, a causa delle battaglie, si erano trasformati in un groviglio scomposto. Passò poi agli occhi ammirandone le sfumature verdi, un colore simile non lo aveva mai visto: la tonalità era più luminosa di tutte quelle che erano soliti vedere. Si soffermò anche sulle sue orecchie a punta; anche i diavoli possedevano quel tipo di orecchie, ma le sue erano completamente diverse: più lunghe e delicate. Aveva tre piccole cicatrici parallele sulla guancia sinistra, che andavano dall'orecchio alla bocca. Quando Kyrarsíl si rese conto di averlo fissato per troppo tempo senza dire niente, cercò di prodigarsi in un'infinità di scuse, arrossendo leggermente. Talys sorrise, anche loro lo trovavano strano come era logico supporre: lui era abituato a certe occhiate, non era mai stato molto comune nemmeno in mezzo agli elfi. -Se mi capisse gli chiederei della coda. - Ancora imbarazzato, il diavolo gli aprì la porta e lo invitò a seguirlo con un cenno della mano; Talys raccolse le due cose che ancora possedeva, e si affrettò a seguirlo. Fu condotto per la prima volta all'esterno: le ancelle lo salutarono sorridendo e sghignazzando tra loro, prima di tornare a occuparsi delle loro mansioni. Seguì Kyrarsíl lungo le strade della città, il diavolo lo vide guardarsi attorno sbalordito, ammirando ogni centimetro di ciò che vedeva. Anche alcuni diavoli ricambiarono quello sguardo ammirato, mentre altri non sembravano per niente contenti di vederlo. Una ragazza si allontanò dalla folla e si diresse verso l'elfo, tendendogli uno strano frutto giallo, grande quanto un pugno: Talys lo accettò e la ringraziò. Quando lo sentì parlare, la ragazza avvampò e corse via, ma una volta tornata al sicuro in mezzo ai suoi simili, riprese ad osservarlo imbarazzata . Talys si rigirò il frutto tra le mani, lo aprì leggermente e lo annusò: non era sicuramente la cosa più profumata che avesse mai sentito, ma sembrava buono. Ne strappò un pezzetto, e lo mangiò sotto lo sguardo sorridente della sua guida. Era dolce, anche se non molto, gli ricordava vagamente il miele ma con un retrogusto polveroso. L'elfo lo aprì a metà e ne tese una parte verso Kyrarsíl, che accettò con un sorriso. Proseguirono in silenzio, fino ad arrivare in un palazzo immenso. Contrariamente al resto della città, questo sembrava costruito a parte, non avevano adattato e sfruttato le immense colonne di pietra della caverna: si potevano vedere molto chiaramente gli stacchi dei vari blocchi di pietra che lo costituivano. La facciata esterna era liscia e senza il minimo abbellimento; Vi erano sei torri, che circondavano il corpo centrale più basso con un tetto a cupola. Man mano che si erano avvicinati al palazzo, il numero di guardie era visibilmente aumentato: anche tra di loro c'era chi guardava con odio Talys, e chi invece si limitava ad osservarlo incuriosito; comunque nessuno osò parlare o esprimere dissenso per la sua presenza in quel luogo. Erano tutti in divisa: indossavano lunghi pantaloni neri con rifiniture arancioni. L'unica differenza tra maschi e femmine era la parte superiore del busto: i primi indossavano solo un giustacuore di metallo, mentre le altre sotto il giustacuore un corpetto di pelle. Erano tutti armati, ma non ne avevano una sola tipologia: variavano dalle lance alle spade, dai pugnali alle armi pesanti. Talys li guardava ammirato, alcune di quelle armi erano di metallo ma altre no, sembravano intagliate nel cristallo. Un'altra cosa che l'elfo notò fu che chi possedeva le armi di cristallo indossava una divisa leggermente diversa. -Saranno i "graduati", chissà che tipo di arma ha la mia guida... -
    Kyrarsíl lo condusse attraverso l'ampio portone di pietra, sul pavimento vide la gigantesca spada a due lame avvolta nelle fiamme, rimase ad ammirarla a lungo: il diavolo tossicchiò un paio di volte per attirare la sua attenzione, e proseguire così il loro cammino. Talys si riscosse, ma continuò a ripensare alla raffigurazione di quell'arma: se avesse incontrato nuovamente Zaymesyàth, gli avrebbe chiesto di poter vedere quel tipo di arma. Il suo desiderio fu esaudito, perché il diavolo lo condusse proprio dal suo signore: era in un'ampia sala ricca di librerie, un paio di poltrone e un divano erano posizionati davanti ad un camino incassato nella parete opposta ai libri. L'Arcidiavolo appena lo vide, si alzò e gli diede il benvenuto, mentre Kyrarsíl chiudeva la porta alle sue spalle rimanendo con loro nella stanza.
    «Ben arrivato. Mi sembra che tu ti sia ripreso completamente.»
    «Sì, la ringrazio per l'ospitalità e per la gentilezza che mi ha riservato.» Zaymesyàth sorrise e lo invitò a sedersi.
    «Non ti preoccupare, per me è stato un piacere.»
    «Per lei forse, per alcuni dei diavoli no.» l'Arcidiavolo inarcò un sopracciglio e il suo sorriso si allargò leggermente.
    «Sei stato infastidito da qualcuno?»
    «No nessuno, anzi una ragazza mentre venivo qua, mi ha regalato un frutto: era anche piuttosto buono.» Zaymesyàth si rivolse al compagno per sapere cosa fosse successo, e Kyrarsíl glielo raccontò senza problemi, apparendo molto compiaciuto della cosa: ma disse anche che una buona parte dei diavoli non gradiva la sua presenza nella città, erano pochi quelli che sembravano felici della sua presenza. Comunque sia, la maggior parte rimaneva ancora neutrale. L'Arcidiavolo sembrò piuttosto soddisfatto, non si aspettava che lo accettassero tutti, in più era ancora da decidere se sarebbe rimasto con loro.
    «Direi che come inizio non è andata poi così male. Sarai ospite a palazzo, qui potrai essere sorvegliato con più attenzione e non correrai il rischio di fare brutti incontri con diavoli astiosi. Non è mia intenzione tenerti prigioniero, ma devi capire che noi non siamo un popolo aperto e non tutti vedranno bene il tuo arrivo. Questo luogo ti proteggerà da una possibile folla inferocita, ma anche tra gli Arcidiavoli qualcuno desidera la tua morte.» l'elfo spalancò leggermente gli occhi, ma cercò di mantenere la calma. «Anche qui ti conviene stare in guardia, cercherò di impedire che ti sia fatto del male, ma non posso promettertelo purtroppo; tu sei sopravvissuto a una guerra contro i demoni, e ad un tuffo nel Tark'Dush, non credo che sia facile eliminarti.»
    «No, non è facile, fortunatamente ho la pelle dura; lei non può fare niente per impedirgli di eliminarmi?» Zaymesyàth sogghignò.
    «Cerco di intromettermi il meno possibile. Vedila come una sfida: se sopravvivi, ti guadagnerai il diritto di stare in mezzo a noi, altrimenti ... chi non sa difendersi non vive a lungo in questi luoghi. Noi non possiamo perdere tempo, e la vita di alcuni dei nostri guerrieri, per proteggere qualcuno che non appartiene nemmeno al nostro popolo.» quella notizia spaventò Talys fin nel profondo, chiuse gli occhi e inspirò profondamente.
    «Capisco ... » era in un modo ostile e disarmato, gli avevano appena detto che non gli importava nulla della sua sorte, nonostante lo avessero salvato. Era una contraddizione, ma non poteva farci nulla. Rimasero in silenzio per alcuni minuti, poi la voce dell'Arcidiavolo lo riscosse dai suoi cupi pensieri.
    «Posso sapere a che tipo di elfi appartieni?»
    «Sono un sangue misto: mia madre era una Silvana, un'elfa dei boschi, era un druido, mentre mio padre un elfo dell'ombra.»
    «Anche tuo padre era un cavaliere?»
    «Non che io sappia, ma ne dubito.» vedendo la perplessità nello sguardo dell'Arcidiavolo proseguì con un sospiro. «Non l'ho mai conosciuto, e gli elfi dell'ombra non sono propriamente una bella razza: lui stuprò mia madre, per questo i Silvani non mi hanno mai accettato tra loro, ed io scelsi la via della strada. Durante quella guerra, mi sono ritrovato a ringraziare per la prima volta il sangue di mio padre: io non sono morto come gli altri elfi dei boschi, non avendo un legame molto stretto con la natura, io sono sopravvissuto.»
    «Credo di capire, quindi saresti più resistente anche nel vivere qui, dato che non hai bisogno di un contatto diretto con la natura.»
    «Direi di sì, ma se potessi fare un giro fuori ogni tanto sarei comunque più felice.» -Sempre che prima non mi ammazzino. - si tenne quell'ultima frase per se, preferiva non essere irrispettoso nei confronti di Zaymesyàth, che si alzò e fece qualche passo nella stanza.
    «Questo non posso promettertelo, per uscire da questo luogo senza correre rischi avresti bisogno di una maschera di láurfor, e quelle maschere vengono date solo ai Yrrioth, le guardie.»
    «Senza non potrei?»
    «Potresti, ma moriresti. Quelle maschere permettono di filtrare l'aria velenosa dell'Abisso, immagino che tu abbia notato il cristallo che illumina la nostra città.»
    «È un po' difficile non notarlo.» l'Arcidiavolo sorrise.
    «Quel cristallo, insieme a molti altri sparsi per la città, purifica l'aria rendendola respirabile per noi: è per questo che tu qui vivi bene. Sfortunatamente il nostro è un popolo rigoroso: per indossare una maschera devi essere un Yrrioth, tutti gli altri non possono, ed è considerato un crimine usarla se non si appartiene a quella categoria. Kyrarsíl è stato molto generoso con te prestandoti la sua, ma eri privo di sensi, l'ha fatto per salvarti la vita: tu non te ne sei impadronito, quindi abbiamo sorvolato su questo dettaglio. Lui è il mio Danarm Yrrioth, potrei tradurlo come "Guardia Suprema": il generale in capo del mio clan, nonché dell'esercito, la sua parola è seconda solo alla mia.» Talys rimase in silenzio per qualche istante, riflettendo e cercando di assimilare quanto gli era stato appena rivelato, poi si voltò verso il diavolo.
    «Ma lui sta bene?» Zaymesyàth lo guardò perplesso, non capendo cosa volesse dire. «Se aveva la maschera, significa che l'aria è velenosa anche per lui: non ne ha risentito?» l'Arcidiavolo rimase in silenzio per alcuni istanti, poi scoppiò in una profonda risata baritonale che fece sobbalzare sia l'elfo che Kyrarsíl.
    «Kyra, lo sai cosa mi ha appena chiesto? Se tu stai bene per aver inalato l'aria esterna, mentre lui aveva la tua maschera.» il diavolo spalancò gli occhi sorpreso e si voltò verso Talys arrossendo leggermente.
    «Io non ho problemi con l'aria esterna, ma se posso, preferisco non respirarla.» l'Arcidiavolo tradusse e spiegò ancora alcune cose.
    «Non tutti i diavoli sono sensibili all'aria mefitica dell'esterno, anche se la maggior parte ne risente: comunque sia la sensibilità varia da individuo a individuo. Kyra è uno dei più insensibili, ma preferisce in ogni modo la maschera.»
    «Quindi non ci sono possibilità per me di possederne una ... »
    «Ne riparleremo quando, e se sopravvivrai all'attentato che stai per ricevere. Adesso sarai accompagnato nella tua stanza, potrai farti un bagno e rilassarti senza ancelle curiose che ti spiano. Un servitore verrà a chiamarti per la cena. » Talys si era alzato, inchinandosi leggermente in segno di saluto e si era diretto verso la porta, stava per uscire insieme a Kyrarsíl quando la voce di Zaymesyàth risuonò ancora.
    «Un'ultima cosa Talys, noi qui abbiamo una certa etichetta, in pubblico non puoi rivolgermi la parola e aspettarti che io ti risponda: possiamo parlare liberamente solo quando saremo soli noi tre, o noi due, ma dubito che resteremo mai soli, io e te. Lo so, è una cosa che non sopporto neppure io, ma i diavoli potrebbero offendersi; quindi meglio non provocarli, ne va della tua salute.» l'elfo si limitò ad annuire, non poteva opporsi, non era la prima volta che s'imbatteva in strane usanze; non si sarebbe sorpreso per così poco. Per tenere un simile comportamento, i diavoli dovevano nutrire un rispetto reverenziale nei confronti dell'Arcidiavolo.

    †††


    Kyrarsíl lo condusse prima attraverso un corridoio, dove incrociarono alcune guardie; poi lungo un'ampia scalinata, portandolo verso i piani superiori di una torre. Talys si aspettò di entrare in una stanza piccola, magari appartenente alla servitù, quando la porta fu aperta, si ritrovò in una stanza che avrebbe fatto invidia a molti nobili del suo mondo. Era bianca o di un grigio molto chiaro, i tendaggi e la tappezzeria della stanza erano di tutte le sfumature del verde. Variavano da tonalità cupe, tendenti al grigio, quasi malinconiche, ma comunque sia erano estremamente affascinanti.
    -Se l'ha fatto di proposito ha compiuto un gran bel lavoro, ma è più probabile che già esistesse questa stanza e che abbia pensato di farmi mettere qui. Comunque sia è stato molto gentile; Come se volesse farmi trascorrere dei bei momenti, prima di farmi ammazzare.- si voltò verso il diavolo che lo stava fissando allegro, sembrava volergli chiedere qualcosa ma che evitasse, ben sapendo che non si sarebbero intesi. Kyrarsíl aprì una porta laterale e gli mostrò il bagno, ma Talys era più interessato all'ampia finestra davanti al letto, da cui si vedeva buona parte della città e del palazzo sottostante. Ammirò l'enorme cristallo sulla volta della caverna, lo guardava spesso da quando si era risvegliato li, e da quella finestra poteva avere una visuale migliore: ne era affascinato, e adesso che sapeva a cosa servisse, aveva acquistato un fascino ancora maggiore. Il diavolo lo salutò poco dopo, uscendo dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle, lasciandolo finalmente solo. Talys si diresse verso il bagno e fece scorrere l'acqua, iniziandosi a lavare non appena la vasca fu riempita; impiegò molto tempo a districare i nodi che si erano formati nei suoi capelli. Avrebbe fatto prima a tagliarli, ma non ne aveva voglia, e adesso di tempo ne aveva in abbondanza.
    Indossò i vestiti che gli avevano fatto trovare sul letto: gli stavano un po' grandi, ma erano meglio dei suoi così logori, consumati e macchiati dal sangue dei numerosi demoni uccisi.
    Studiò nei minimi dettagli la stanza, valutando bene da che parte potesse arrivare il sicario, se avesse avuto un'arma, sarebbe stato più sicuro, ma era ovvio che non gliene avrebbero concessa una; dopotutto era un estraneo, loro non potevano fidarsi,e lo stesso valeva per lui.
    -Non che io possa compiere grandi imprese, armato di spada e da solo contro un'intera città. Non sono mica il Mietitore; se fosse arrivato lui qui, avrebbe sterminato la città senza problemi. Anche se credo dipenderebbe dalla forza di questo strano diavolo ; o magari avrebbe cercato un dialogo... Che razza di prova è, affrontare disarmato uno dei loro sicari? Maledizione! Mi hanno condannato a morte.- inspirò profondamente, non poteva farci niente: avrebbe dovuto aspettare e vedere cosa sarebbe successo, sperando di essere abbastanza bravo da sopravvivere.

    †††


    Nelle terre di Meefelm, lungo il confine orientale degli Ac'Hadurta, all'interno di Larwer, il palazzo di Bremorlos, lui e Banatrane discutevano animatamente, come al solito.
    «Dannata puttana! Come hai osato intrometterti nei miei piani?!»
    «Come ho osato io?! Tu demone impotente hai intralciato la mia avanzata nelle terre del clan dei Belmorra! È tutta colpa tua se hanno scoperto i miei soldati! Negli Ac'Hadurta bisogna muoversi in silenzio! Dopo tutti questi secoli non lo hai ancora capito? Ignorante di un Lord che non sei altro!»
    «Non osare parlarmi in questo modo, femmina!»
    Banatrane ringhiò e colpì il demone con un pugno facendolo cadere dalla sedia e rotolare per terra. «Puttan... » la donna gli schiacciò la trachea con un piede, sovrastandolo. Banatrane era una donna dai corti capelli grigio piombo, solo una ciocca era lunga sul lato sinistro della testa, dietro all'orecchio, ed arrivava fino al fianco. Il torace magro era avvolto in uno stretto corpetto di pelle che comprimeva ancora di più il seno scarso, mentre lunghi pantaloni da viaggio avvolgevano le sue gambe. Era mediamente alta, con gli occhi dello stesso colore della terra bruciata: sottili pupille da rettile fissavano con odio il demone sotto i suoi piedi.
    «Non osare più chiamarmi in quel modo, o te ne pentirai amaramente ...» Bremorlos la fissava dal basso, trattenendo a stento la collera: stava per replicare quando qualcuno bussò alla porta. Banatrane sollevò il piede e lo lasciò andare, dandogli la possibilità di assumere un aspetto più decoroso per ricevere il servitore. Dopotutto, quello era il suo palazzo. Il Lord era un demone massiccio e molto alto: i capelli lunghi e neri perennemente spettinati gli davano un aspetto confusionario. I suoi occhi erano dello stesso colore della cenere intrisa di sangue, e le pupille erano di qualche tonalità più chiara rispetto alle iridi. Sul suo corpo vi erano numerose cicatrici, in memoria di battaglie passate, affrontate e vinte.
    «Spero che quest'intrusione sia dovuta a qualcosa di estremamente importante.» la sua voce era un ringhio gutturale, ma il servitore non se ne preoccupò: quello che aveva da consegnargli lo avrebbe reso "felice". Si fece coraggio e avanzò seguito da altri quattro demoni.
    «Milord, abbiamo trovato questi nei pressi degli Ac'Hadurta.» vennero gettate ai suoi piedi tre creature agonizzanti. Lui e Banatrane li osservavano sbigottiti e al tempo stesso estasiati.
    «Devono essere arrivati qua con il ritorno di Asmodeus nell'Abisso: se non sbaglio è precipitato poco tempo fa. Un gran bel regalo, Asmodeus non c'è che dire.» la voce suadente della donna accarezzò l'aria facendo rabbrividire tutti i presenti.
    «Non crederai di prenderne uno, spero?»
    «Io non lo credo, lo esigo: come risarcimento per avermi fatto perdere tutto il terreno conquistato nei pressi del clan di Belmorra.»
    il Lord ringhiò, ma non si oppose; non voleva dover combattere anche contro di lei. «Voglio lui. Portatelo nei miei alloggi; provvederò personalmente. Mandi tu un messaggio ad Asmodeus per ringraziarlo della cortesia?» la risata crudele di Bremorlos risuonò nella stanza, mentre la sua compagna afferrava per i capelli la creatura prescelta, trascinandola fuori dalla porta.
    «Grazie Asmodeus, mai avrei pensato che tu fossi così gentile. Andiamo, Ir'nysi ci aspetta: non temete piccole e fragili creature luminose, ci divertiremo.» accarezzò i volti degli esseri e rise ancora. Uscì dalla stanza seguito dai servitori, che trasportavano le due creature restanti, e si diresse verso il tempio, lì il suo sacerdote avrebbe provveduto al da farsi.
     
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