Ac'Hadurta

storia fantasy originale (ovviamente yaoi)

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  1. nelith
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    Ecco l'aggiornamento...sto perdendo un sacco di venerdì... :huh:

    Capitolo VI
    La voce dei boschi risuona nelle tenebre



    Erano tornati a palazzo nel più totale silenzio, gli sguardi che i diavoli lanciavano verso Talys erano cambiati; la maggior parte degli abitanti della città non sapevano e non capivano se potevano fidarsi del nuovo ospite e adesso, dopo quello che era accaduto, erano ancora più inquieti. Quella sua apparente fragilità li aveva spaventati: come poteva un essere simile e disarmato aver sconfitto uno dei loro principi? La preoccupazione serpeggiava lungo le strade della città: e se molti erano felici di aver acquistato un nuovo alleato contro i demoni, la maggior parte era spaventata da una simile abilità. Le voci che giravano sulla sua vittoria erano le più svariate: dall'utilizzo di tecniche completamente ignote alla loro razza, all'ammaliamento. Un essere simile poteva farlo senza alcuna difficoltà e Vyckque non aveva avuto scampo.
    Erano tornati nella sala privata di Zaymesyath. Kyrarsil aveva accompagnato il prigioniero nei suoi alloggi: dopo la punizione, gli era stata concessa una stanza in cui avrebbe passato il tempo necessario per la sua guarigione, era un principe dopotutto. Non c'era nessuno nella sala oltre a Talys e all'Arcidiavolo, quindi l'elfo poté porre liberamente le sue domande.
    «Che cosa succederà adesso?» l'Arcidiavolo si versò da bere e si accomodò su una poltrona.
    «Innanzitutto verrà messa alla prova la tua abilità con le armi, poi a seconda del risultato, si deciderà che compiti affidarti.»
    «Posso avere una vaga idea di quello che dovrò fare per dimostrare la mia abilità?»
    «Devo ancora decidere, ma credo che ti manderò in una zona degli Ac'Hadurta ad affrontare o a cercare qualcosa. È la stessa prova che si richiede agli Yrrioth per la loro nomina.» bevve un lungo sorso della bevanda che si era versato poco prima. «Dopo, se sopravvivrai- cosa che auspico- verrai accolto nel clan.»
    «Poi potrò morire come uno di voi... » Zaymesyath rise, l'elfo aveva compreso alla perfezione il luogo in cui si trovava: l'Abisso non perdona.
    «Prima però dobbiamo risolvere il problema della comunicazione. »
    «Come? Imparare una lingua simile mi richiederà molto tempo. »
    «Non preoccuparti, ho già mandato un messaggio ad Ashestris, l'Arcidiavolessa con i capelli azzurri, quella con cui hai parlato. Lei provvederà a fornirti un oggetto che ti metterà in grado di capire e i diavoli capaci di comprenderti. Solo quando lo indosserai ovviamente. Come potrai ben intuire è una soluzione temporanea, dovrai apprendere la nostra lingua come si deve, ma hai bisogno di comprendere le indicazioni che ti saranno date per affrontare la prova. Come ti ho già detto, non potrò parlarti sempre io. Se tutto va come credo, penso proprio che affiderò a Vyckque la tua ...."istruzione" e sarà sempre lui ad accompagnarti al luogo in cui si terrà il tuo esame.» Talys lo guardò incredulo, prima di scoppiare in una fragorosa risata. Quando la risata finì, l'elfo si passò una mano sugli occhi, per eliminare le due piccole lacrime che erano scese.
    «Proprio l'individuo più adatto e ben disposto nei miei confronti. Il mio ritorno qui è assicurato.»
    «Proprio per questo motivo ho scelto lui. La sua sopravvivenza è legata alla tua: se tu mori muore anche lui. È per questo che ti difenderà al massimo delle sue potenzialità durante la tua prova.» Talys si voltò verso l'Arcidiavolo, che fissava sorridente il bicchiere con ancora un po' di liquore scuro.
    «Credevo che le probabilità della mia dipartita fossero elevate durante la prova. »
    «Non lasciamo mai andare i cadetti da soli, hanno sempre un maestro che li accompagna. Se lasciassimo morire tutti quelli che tentano, saremmo veramente in pochi. Ovviamente, se Vyckque dovesse intervenire, tu non avrai superato la prova e dovrai ritentare tra molti cicli.» l'elfo ripensò al diavolo con i capelli blu, aveva un aspetto molto orgoglioso, sicuramente non avrebbe gradito quel legame con lui.
    «In parole povere continuerà a punirlo affiancandolo costantemente a me.»
    «La punizione non avrà fine: Vyckque deve imparare a controllarsi, è troppo facile all'ira. È questo che lo porta a fallire; con te imparerà la pazienza. »
    «Se lo dice lei... Ma io non credo che funzionerà.»
    «Tu sei un individuo estremamente calmo. Mi hai raccontato parte della tua infanzia, e da quello che ho capito, sei stato abituato a sopportare ed a mantenere al calma. Ti userò per addestrare Vyckque, mentre lui insegnerà a te le nostre usanze e la nostra lingua.»
    -Verrò sfruttato ... spero solo che non provino più ad ammazzarmi, vorrei riuscire a sentirmi al sicuro almeno in città.- Talys sospirò rumorosamente e si accasciò su una poltrona seguito dallo sguardo attento dell'Arcidiavolo. Dopo alcuni minuti di silenzio, Zaymesyath parlò ancora.
    «È arrivata, e scommetto che non è sola.»
    «Di chi sta parlando? » l'Arcidiavolo si limitò a sorridere. Pochi minuti dopo entrò Kyrarsil annunciando le ospiti come si conveniva.
    «Sono arrivate Ashestris capo clan di Arewoncaradas e Yarlanee dei Belmorra; accompagnate da Eryah, Danarm Yrrioth dei Belmorra.» anche se l'elfo non aveva capito nulla, aveva intuito dal tono del diavolo la sorpresa riguardo a quelle visite. Talys era riuscito a riconoscere soltanto due nomi, gli stessi che aveva sentito poche ore prima dopo l'attacco di Vyckque. Talys le riconobbe senza difficoltà: la maga che gli aveva parlato, e la diavolessa dai capelli rossi che sembrava la più ansiosa a parlargli. Si alzò dalla poltrona e s'inchinò verso di loro. Ashestris gli andò in contro sorridente, imitata da Yarlanee.
    «È bello rivederti così presto. » il primo impatto con l'accento della maga era sempre agghiacciante ma questa volta era preparato.
    «La ringrazio, anche se credo che voi siate una delle poche a pensarlo in questo modo. »
    «In questa stanza direi che siamo quasi tutti ben lieti d'incontrarti, la più perplessa e incerta è Eryah.»
    «Ashestris! Che state dicendo? Lo voglio sapere!» la maga sospirò rassegnata, aveva detto alla guerriera di calmarsi e di limitare il suo entusiasmo, ma lei non ascoltava: come sempre.
    «Gli ho solo detto che sono felice di rivederlo così presto.» si rivolse nuovamente verso Talys, ignorando Yarlanee, ma presentando le due diavolesse che l'avevano accompagnata. «Lei è Yarlanee, Arcidiavolo del clan Belmorra mentre lei è Eryah, la sua Danarm Yrrioth. » l'elfo sobbalzò sorpreso da quell'ultima affermazione, l'Arcidiavolo gli chiese il motivo di quella reazione. Zaymesyath e Kyrarsil si limitavano ad ascoltare in silenzio.
    «Avevo capito che fosse Kyrarsil il Danarm Yrrioth.» Ashestris sorrise.
    «Ogni Arcidiavolo ha una guardia suprema, una per ogni clan; quindi ce ne sono sette, anche se Kyrarsil è probabilmente il più abile dei Danarm. » tutto quello che uscì dalle labbra di Talys fu un sospiro di meraviglia. «Ti hanno spiegato la gerarchia? »
    «A grandi linee: gli Arcidiavoli sono i capi clan, poi ci sono le guardie e il popolo. Immagino che i sacerdoti e gli arcanisti siano gruppi a parte.» la maga annuì, poi iniziò a spiegargli la gerarchia delle guardie: era sicuramente quella che interessava di più all'elfo, dato che sarebbe diventato uno di loro.
    «Ci sono tre tipi di guardie: le semplici, gli Yrrioth; gli ufficiali in seconda, i Darr; l'elite, i Tair e infine i sette Danarm.» Dopo questa piccola spiegazione, Talys si concentrò sulla diavolessa che aveva appena incontrato. La nuova arrivata poteva essere scambiata per un elfo del Sole, se non fosse stato per alcuni dettagli: la sua pelle non racchiudeva le sfumature dorate tipiche di quella razza, ma poteva sempre sembrare un sangue misto. Gli occhi rossi come due rubini e la lunga e sottile coda dorata, sottolineavano però la sua appartenenza ad un popolo ben diverso da quello elfico. Aveva un corpo minuto, e dei corti capelli biondi; tranne che per una lunga ciocca dietro all'orecchio sinistro che arrivava fino a mezza schiena, nella cui fine era assicurato un pendente rosso. Anche Yarlanee aveva una ciocca in cui era legato quello strano gioiello, solo che era dorato.
    Il diavolo dagli occhi scarlatti, si affiancò alla sua signora dopo che l'elfo si era girato per guardare lei; Talys vide la lunga e sottile coda dorata avvolgersi attorno a quella rossa di Yarlanee, e quando incrociò nuovamente lo sguardo con Eryah vide che continuava a fissarlo negli occhi con un'intensità disarmante. In quello sguardo di rubino, la curiosità e l'astio si alternavano senza requie; Eryah si spostò davanti alla sua signora come se volesse proteggerla. L'elfo si accorse che la guerriera lo osservava come se volesse prenderlo a pugni da un momento all'altro; aveva le braccia conserte sotto il seno, le sue mani erano ricoperte da degli strani guanti, sembravano quasi fatti di una sottile maglia metallica: ma Talys non riuscì a prestarci la dovuta attenzione, troppo impegnato a non abbassare la guardia verso la diavolessa. Fu Kyrarsil che cercò di porre fine a quella battaglia.
    «Calmati Eryah, è disarmato e non può fare nulla di pericoloso. »
    «Ha sconfitto Vyckque mentre era disarmato, e lui non è l'ultimo degli Yrrioth. Anche se sembra fragile e delicato è sola apparenza; scusa se non mi fido ancora del vostro nuovo ospite, non mi è piaciuto il modo in cui ha guardato Yarlanee. » Kyrarsil sbuffò contrariato, ma dovette darle ragione. Talys non aveva mai abbandonato lo sguardo della guerriera, che aveva fatto altrettanto.
    «Ha forse intenzione di prendermi a pugni? » Ashestris lo guardò sorpreso.
    «Hai già appreso alcune parole della nostra lingua? »
    «No, ma non devo comprendere la lingua per capire che mi ammazzerebbe volentieri se solo mi muovessi di un millimetro. E dalla posizione del suo corpo sembra che sia solita all'utilizzo dei pugni. Una fanciulla delicata.» Zaymesyath rise e fece un cenno al suo compagno chiedendogli di avvicinarsi; Kyrarsil annuì.
    «Fa i suoi complimenti per l'arguzia dell'elfo. » la maga tradusse per lui i complimenti dell'Arcidiavolo. -Dirlo da se era troppo complicato? A già "l'etichetta" ... Quale assurdità: un'inutile perdita di tempo.- Yarlanee si avvicinò alla sua compagna, passandole le braccia attorno alle spalle e abbracciandola da dietro. Era più alta di Eryah, anche se non di molto; le accarezzò le labbra con un dito, per poi sussurrarle qualcosa all'orecchio mentre ancora la accarezzava.
    «Non essere così malfidata, siamo in cinque contro uno, e uno di noi potrebbe eliminarlo solo schioccando le dita, rilassati.» Yarlanee le afferrò i capelli con la mano con cui le aveva accarezzato le labbra, e la costrinse a piegare la testa all'indietro. Il bacio fu lungo e passionale e l'elfo ne fu sconvolto. La pelle di Talys assunse sfumature di un rosso acceso e distolse lo sguardo molto imbarazzato, dopo averle fissate a bocca aperta per qualche istante. Nel suo mondo certe relazioni non erano mostrate così apertamente, si tendeva a restare nell'ombra: anche se il senso comune accettava più facilmente relazioni tra due femmine che tra due maschi. Comunque per lui fu un duro colpo vederle in quegli atteggiamenti, si voltò verso la poltrona da cui si era alzato poco prima e tornò a sedersi cercando di ignorarle. Ashestris gli si avvicinò e si sedette accanto a lui.
    «Ci sono problemi?» Talys scosse la testa, i lunghi e scompigliati capelli verde scuro gli coprivano il volto imbarazzato.
    «Dalle mie parti certe relazioni non vengono espresse così apertamente; non sono abituato. Per voi invece sembra una cosa piuttosto normale. »
    «Per noi non c'è problema se le relazioni sono miste o dello stesso sesso. Il nostro popolo ti sembrerà sempre più strano. Sei infastidito?»
    «No, ci mancherebbe. Vedrò di adattarmi in fretta, sono uno che si abitua presto alle novità, l'ho sempre fatto.»
    «Dovremo istruirti sulle nostre usanze: ma prima suppongo dovrai diventare un Yrrioth, e apprendere la lingua. Ti ho portato un oggetto che potrebbe esserti utile; ma è solo un rimedio temporaneo.» infilò una mano nella tasca della tunica bianca con ricami blu scuro che indossava e gli tese un piccolo orecchino: un semplice anellino con un luminoso cristallo bianco. «Quest'oggetto ha molti difetti: dovrai aggirarti per gli oscuri cunicoli degli Ac'Hadurta e risplenderà come un fuoco nelle tenebre. È abbagliante per le creature che dimorano nel buio, e tu non riuscirai a passare inosservato. Ogni passo che farai nelle profondità delle montagne sarà un rischio. Noi sappiamo muoverci nelle tenebre più fitte senza problemi: anche il tuo popolo ha questo talento? »
    «Posso muovermi con facilità se c'è un minimo di luce: di notte, con solo la luce delle stelle. Nelle profondità delle caverne sono cieco. Se questo produce un po' di luce per me è meglio, anche se attirerà strane creature; preferisco vedere cosa mi trovo di fronte.» Ashestris sembrava un po' scettica ma non si poteva fare in altro modo. «Comunque non capisco, in cosa consisterà questa "prova" a cui verrò sottoposto? »
    «Sarà il tuo Arcidiavolo a scegliere: Zaymesyath. Eri nei confini del suo territorio e ti hanno trovato i suoi soldati; sei stato fortunato.» Ashestris gli tese l'orecchino e l'elfo se lo rigirò un po' tra le dita prima di indossarlo.
    «Come funziona?»
    «Il suo potere ha un raggio limitato a pochi metri. Coloro che si troveranno sotto la sua influenza ti comprenderanno e tu li capirai a tua volta. Sarà come sentire un brusio di sottofondo nella nostra lingua, ma nella tua testa le parole saranno chiare; lo stesso varrà per i diavoli con cui dialogherai. »
    «Quindi più gente mi starà attorno e mi parlerà, più confusione avrò in testa? » Ashestris annuì.
    «Precisamente. È per questo che dovrai apprendere in fretta la nostra lingua; sarà più comodo e non ti danneggerà. Il suo potere durerà per circa trenta cicli di luce. » Notando la sua perplessità continuò la spiegazione. «Immagino che tu abbia visto il cristallo sulla cupola della caverna. » era una domanda retorica, ma lo vide comunque annuire e proseguì. «Un ciclo è il cambiamento totale del colore da bianco a rosso a bianco. »
    «Ho capito, un ciclo corrisponde ad un giorno, da alba a alba. Quindi durerà trenta giorni; ho un mese per superare la prova e per capire almeno le basi della lingua.»
    «Esattamente, ti conviene iniziare a studiarla mentre hai l'artefatto. Funziona solo se lo indossi, quindi potrai usarlo per ottenere dei chiarimenti.»
    «Tutto dipenderà da quanto tempo impiegherò a superare la prova, sempre se ci riesca, altrimenti il problema non sussiste.» Ashestris rise, mentre Zaymesyath sogghignava continuando a sorseggiare il suo liquore: non gli era fuggita una sola virgola di quella conversazione. Kyrarsil e Yarlanee sospiravano frustrati, loro avrebbero voluto partecipare, ma non comprendevano: l'unica a cui non sembrava importare nulla di quella conversazione era Eryah, che si era messa a giocare con una ciocca dei lunghi capelli rossi della compagna.
    «Non credo ti ci vorrà molto, sono prove che richiedono al massimo una settimana, sempre se si superano, altrimenti anche meno.»
    «Confortante.»
    «Hai sconfitto uno dei nostri guerrieri migliori, disarmato, non avrai eccessive difficoltà ad uccidere qualche bestia con un'arma. Forse saranno solo le tenebre a crearti dei problemi e il terreno sconosciuto: ma tu sei sopravvissuto a ben altre cose che a un po' di tenebre, giusto?»
    -Fino ad ora si; che Nyn, Signore dei venti e guida dei viaggiatori, mi assista.- Non rispose alla domanda, si limitò a sospirare: la sua espressione non era delle più convinte. Guardò ancora per qualche istante l'orecchino, poi si toccò l'orecchio destro con una mano e si tolse uno di quelli che già indossava, sostituendolo con quello che gli era stato consegnato. Nessuno parlava, si limitavano ad osservarlo; Yarlanee si avvicinò a lui portandosi dietro Eryah, che non sembrava molto convinta. Si sentì trafiggere dagli occhi verdi dell'Arcidiavolo, la sua faccia era a pochi centimetri da quella dell'elfo: sorrideva.
    «Mi capisci adesso? » la sensazione che provò Talys non fu delle più piacevoli, era come sentire un'eco dentro la testa formata da due voci sovrapposte che parlavano due lingue diverse, anche se appartenevano alla stessa persona. L'elfo strizzò gli occhi un paio di volte poi annuì.
    «Si.»Yarlanee s'illuminò.
    «Hai sentito Eryah? Ci capisce! » l'urlo scatenò in Talys una terribile fitta alla testa, Ashestris sibilò contro la guerriera intimandole di stare tranquilla e di parlare a bassa voce, se non voleva provocargli uno shock. Yarlanee sbuffò contrariata, ma cercò di controllarsi e di parlare con più calma e con un tono di voce più basso. Anche Kyrarsil si avvicinò, ansioso di conoscere senza il bisogno di intermediari, e gli chiese di descrivere con perizia di particolari il suo mondo, senza trascurare nulla nemmeno il dettaglio più insignificante.
    Talys fu costretto a raccontare la sua storia. Nessuno osò interrompere il suo racconto; iniziò dal principio parlando dei luoghi in cui era nato. Yarlanee lo ascoltava rapita, e dopo poco anche la sua compagna rinunciò all'astio, lasciandosi trasportare dal racconto di quei paesaggi luminosi e ricchi di suoni e colori; la voce di Talys dava nuova vita alla sua storia, ricreando i boschi e i loro odori.

    ***


    Sono nato nel bosco Erial-Nár presso una comunità di elfi silvani nell'estate del 1574 della quarta era: mia madre si chiamava Séndil ed era un druido di quella comunità. I druidi sono come sacerdoti della natura, seguono i precetti di Adraa, Signore delle foreste e dei suoi abitanti; sono i custodi dei boschi. Mio padre, da quello che mi raccontarono, era uno dei predoni nomadi della tribù di Ther-ban; quell'inverno incapparono nell'accampamento di mia madre a causa delle abbondanti nevicate che avevano chiuso i passi dei Walith, costringendoli a mutare il loro abituale percorso e attraversare Erial-Nár. Gli elfi dell'ombra sono un popolo di razziatori, dove passano portano morte, distruzione e rovina: sono come locuste, niente sopravvive al loro passaggio. Gli elfi dell'ombra sono una sotto-razza degli elfi oscuri, non più aggressivi, ma senza controllo e senza un codice d'onore. Verso la fine della terza era ci fu una battaglia all'interno degli elfi oscuri: divergenza all'interno della razza e questo portò all'origine degli elfi dell'ombra.
    La comunità di silvani venne dimezzata al loro passaggio e mia madre fu vittima delle attenzioni di uno di quei guerrieri. Non aveva un compagno, quindi fu ovvio che il figlio che portava in grembo fosse un mezzo sangue e quando nacqui le vane speranze che comunque avevano attraversato la comunità durante quei mesi vennero definitivamente annientate. Nonostante i miei colori e la mia corporatura siano ereditate dai Silvani, la mia pelle non ha nulla a che fare con quel popolo: le ombre che si muovono sotto la mia pelle sono una caratteristica della razza di mio padre.
    Per quasi trent'anni ho provato in tutti i modi a diventare uno di loro, sforzandomi di farmi accettare e di dimostrare che ero un Silvano; ottenendo in cambio solo odio. Io sono sordo alla voce delle piante e degli animali e questo non faceva che aumentare l'odio dei Silvani nei miei confronti. Mia madre era solita dirmi di non ostinarmi in simili tentativi, che io non ero un Silvano e dovevo smetterla di impormi certi comportamenti che non erano consoni alla mia natura. Io volevo solo farmi accettare dai Silvani ma loro continuavano a considerarmi un abominio. Fu per caso che scoprii il mio talento per le armi.
    Era l'autunno del 1590 ed io m'imbattei in un gruppo di bracconieri, avevo sedici anni. La mia è una razza longeva, si viene considerati adulti solo dopo aver superato il mezzo secolo; quindi a quel tempo ero considerato poco più di un lattante. Mi ero allontanato di molti chilometri dal campo, addentrandomi nel cuore della foresta. Sottili raggi di luce trapassavano i rami degli alberi e l'odore delle foglie umide che marcivano nel sottobosco, accompagnavano il mio lento cammino lungo i sentieri meno battuti della foresta. Ero vicino alle montagne, se mi fossi arrampicato su qualche albero avrei potuto vedere le cime grigie e leggermente innevate dei Walith, tinte dalla luce aranciata del sole: quel tipo di luce mi diceva che le giornate si stavano accorciando sempre di più, e avrei dovuto affrettarmi per trovare un riparo e una preda da portare verso l'accampamento. Sulle montagne la prima neve era già arrivata, ma per la foresta ci sarebbe voluto ancora del tempo, ma ormai mancava poco all'invero. Non ero mai stato un abile cacciatore, ma quel giorno sperimentai per la prima volta cosa volesse dire essere una preda, anche se per poco. Se fossi stato sveglio avrei notato l'assenza dei soliti rumori che si potevano ascoltare normalmente nel bosco; nessun cinguettio di uccelli, nessuno strusciare di serpenti o il lungo e acuto fischio delle aquile. Era tutto troppo silenzioso, ma io non mi accorsi di nulla troppo concentrato sul mio passo e sulle tracce di un cervo che mi era sembrato di scorgere alcuni chilometri prima e che mi sembrava conducessero in quella direzione.
    Come ho già detto io non sono mai stato in sintonia con la natura, non riuscivo a muovermi con il passo silenzioso dei Silvani e non sentivo gli avvertimenti che sicuramente gli animali avevano lanciato con il loro silenzio, quindi mi accorsi della loro presenza, quando ormai ero a solo poche decine di metri ci separavano gli uni dagli altri. Li sentì parlare quando effettuai una svolta lungo il sentiero che mi aveva fatto aggirare una piccola collina. Quando li vidi rimasi immobili per alcuni istanti, troppi istanti: uno di essi mi vide e attirò l'attenzione di tutti verso di me. La mia prima reazione fu scappare, lanciandomi in una fuga disperata attraverso il bosco. Gli anni che avevo trascorso in quei luoghi mi avvantaggiarono, anche se per poco: finì in una delle loro trappole. I bracconieri non si limitavano a catturare animali, erano anche schiavisti ed erano soliti catturare viandanti smarriti e venderli al mercato degli schiavi delle grandi città. Avevo sentito molte storie sugli schiavisti e sapevo piuttosto bene con cosa avrei avuto a che fare.
    Era una di quelle trappole stupide, che catturano gli animali e li lasciano penzolare agli alberi a testa in giù. Erano una decina e li vidi arrivare in gruppo, anche se come prima, li sentì prima di vederli: ridevano, congratulandosi con la loro abilità nella caccia e nella costruzione delle trappole perché erano riusciti a prendere un Silvano. Mi avevano mandato di proposito in quella direzione, sperano che non vedessi la trappola: erano stati bravi, mentre io ero stato uno stupido.
    La mia umiliazione fu enorme mentre mi tiravano giù dall'albero e mi legavano, prima di trasportarmi verso il loro accampamento. Ricordo bene come mi toccavano facendo osservazioni sulla mia strana pelle, dicendo che con un esemplare raro come il sottoscritto avrebbero guadagnato molte monete d'oro, che gli avrebbero permesso di sopravvivere all'inverno senza problemi. Iniziarono a discutere su come spartirsi il bottino; chi aveva piazzato le trappole esigeva di avere la fetta più grande di soldi, un altro s'intromise dicendo che era stato lui il primo a vedermi e aveva dato l'allarme permettendo agli altri di catturarmi. Nel giro di pochi istanti scoppiò una rissa: ognuno esigeva di avere la priorità sulla "preda". Quando mi catturarono avevo solo un pugnale e l'arco, non mi era nemmeno passato per la testa di affrontarli con quelle armi, non avevo mai pensato di uccidere degli umani, io non volevo essere come mio padre. Mentre si picchiavano uno di loro finì a pochi centimetri da me, con il collo spezzato; tra le mani stringeva una spada spuntata che non gli era servita a molto, era riuscito solo a sfoderarla. La presi io, approfittai della confusione e la usai per tagliare le corde che stringevano i miei polsi e le gambe. Stavo per allontanarmi quando venni agguantato per una caviglia da uno di loro. Aveva il viso pesto, gli erano saltati alcuni dei denti marci che aveva in bocca e un occhio non riusciva a tenerlo aperto tanto era gonfio: fui assalito dal panico e lo colpì con un fendente. La gola venne recisa di netto nonostante la lama non fosse delle più affilate. Il sangue rosso mi colpì in pieno viso ed io assaggia per la prima volta il suo sapore metallico. Fu una sensazione strana.
    Vedendo quello che avevo appena fatto, gli otto sopravvissuti smisero di combattere tra loro e si gettarono su di me. Non sono mai riuscito a capire cos'avvenne in quei lunghi secondi di lotta, il mio corpo si muoveva da solo, come se avesse una volontà propria. Mi accorsi che sapevo esattamente dove colpire, come muovermi e come parare i colpi. Quando tutto fu concluso ero circondato da cadaveri e ricoperto di sangue e interiora. Inspirai profondamente, e l'aria aveva lo stesso sapore del sangue; non ero mai stato così bene come in quel momento. Vagai per il loro accampamento, impadronendomi dei loro soldi e liberando gli animali che avevano catturato; approfittai del pasto che si stavano preparando prima della rissa. Non pensai nemmeno per un attimo di uccidere gli animali che quella gente aveva catturato. Presi uno zaino e lo riempii con le loro provviste: cercai la loro spada migliore, almeno secondo il mio sguardo inesperto, poi tornai verso casa lasciando i corpi dei bracconieri agli animali della foresta.
    Avevo sedici anni quando uccisi per la prima volta.


    ***


    Talys interruppe così il suo racconto, dicendo che avrebbe proseguito più avanti, non se la sentiva di continuare ancora. Ripensare a quegli anni era doloroso, era da molto tempo che non ripensava a quella parte della sua vita, la guerra lo aveva distratto dal ricordo di quel tempo; era dalla morte della madre che non ci ripensava più. Fece le sue scuse al gruppo di diavoli che lo aveva ascoltato in reverenziale silenzio e chiese se potesse tornare nella sua stanza, aveva bisogno di stare da solo. Zaymesyath annuì e gli sorrise, dandogli il permesso di uscire. Talys si scusò ancora una volta, prima di uscire ed andare a rinchiudersi nella sua stanza verde.
     
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