"Le Notti di Taranto" By le peruggine

Qui i primi capitoli disponibili

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    Siamo liete di annunciare la prossima uscita del nuovo libro delle "Peruggine" e vi informiamo che da oggi sono aperte le prenotazioni per la prevendita per tutti coloro che vorranno farsi spedire il libro dalle due autrici in persona e che riceveranno con la copia, al suo interno autografo e disegnino *^*
    Ecco qua dove trovare tutte le notizie per effettuare il preordine:

    http://leperuggine.blogspot.it/2013/03/le-...prevendita.html

    Ma oltre a questa fantastica notizia possiamo dirvi che le autrici ci hanno concesso *per nostro grande e immenso piacere e le siamo estremamente grate* il permesso di anticiparvi i primi capitoli di questo libro che siamo sicure vi conquisterà.
    Quindi di seguito potrete trovare la scheda e gustarvi l'inizio di questa promettente storia. Cosa aspettate? mi raccomando aspettiamo commenti a gogò!



    Le Notti di Taranto

    By "Le Peruggine"







    Trama:
    “Antonio è giovane, bello e affascinante quanto basta per attirare le attenzioni di uomini e donne. Vive in un appartamento lussuoso ed ha un lavoro assai redditizio. La sua vita sembra destinata ad andare esattamente come lui desidera.
    Patrizio fa la guardia giurata, è un uomo ordinario, taciturno, senza amici. Vive nella vecchia casa del padre e, dietro il suo sguardo vuoto, nasconde segreti che non può condividere con nessuno. Anche la sua vita sembra destinata ad andare avanti senza che lui possa cambiarla.
    Durante una notte, pregna di luci danzanti sul mare, Patrizio e Antonio si incontrano sul Ponte girevole di Taranto e niente sarà più come prima.”












    [QUOTE]
    LE NOTTI DI TARANTO



    Antonio Palmisano

    L'odore di caffè all'interno della zona ristoro era sufficientemente forte da sovrastare il sottile puzzo di sudore, nonostante il sentore permanesse in sottofondo in una specie di traccia identificativa del luogo: la palestra Gymnika, aperta da poco più di un anno e già diventata una delle più frequentate della città di Taranto.
    La sala era ampia, con un lungo bancone di marmo screziato che scintillava sotto le luci bianche dei neon del soffitto. Le poltroncine rialzate avevano il sedile imbottito color panna e la base di ottone brillante, alle loro spalle si trovavano trenta tavoli rettangolari dai ripiani rosso vivace che spiccavano contro le pareti candide e le sedie anch'esse dello stesso materiale delle poltroncine del bancone. Vi sedevano in ordine sparso almeno una ventina di persone. Tutte quante vestite con tute, scaldamuscoli, canotte e shorts. Alcune appena uscite dagli spogliatoi che si godevano una bibita insieme a qualche compagno di fatica, altre in attesa di cominciare la lezione di spinning o di step o chissà quale altra disciplina fornita dalla palestra.
    Antonio sospirò, facendo tintinnare il cucchiaino contro la tazzina vuota dove il liquido ormai freddo andava coagulandosi lentamente in un sottile e oleoso strato nero.
    Seduto al suo fianco, senza essere stato invitato, Carmelo Paci si era di nuovo gettato nella sua personalissima lotta contro il riscaldamento preliminare: «In America è cosa nota: il riscaldamento è una pratica inutile. È tutta energia che viene sottratta alla fase centrale dell'allenamento, uno spreco insomma.» Aveva ventisette anni, un paio più di lui, corti capelli di un biondo slavato su un viso davvero troppo grossolano. Fisicamente era piuttosto solido, con muscoli definiti e arti slanciati, mancava però totalmente d'eleganza e armonia, quando lo si vedeva camminare da dietro aveva l'andatura ciondolante di un gorilla. Era uno dei soci fondatori della Palestra e si atteggiava a grande professionista, vantando una lunga esperienza negli Stati Uniti come personal trainer di importanti sportivi. Quando Antonio era stato assunto aveva avuto un lungo colloquio con lui e alla fine di tutte quelle belle chiacchiere aveva capito di avere a che fare con un idiota di primo livello. Poco male, il contratto che aveva firmato gli garantiva uno stipendio più che ottimo e orari decisamente flessibili. Non avrebbe potuto chiedere di meglio.
    L'unico reale scotto era quello di essere costretto a seguire quelle conversazione insulse di cui non gli interessava proprio niente. Ma doveva essere gentile con Carmelo, la fonte dei suoi guadagni. Alzò lo sguardo verso l'orologio appeso alla parete di fronte, augurandosi con tutto se stesso che le diciotto arrivassero in fretta, avrebbe potuto finalmente svicolarsi da quella tediosa situazione per dedicarsi a Mauro, il suo assistito del martedì e del giovedì. Un avvocato oltre la quarantina che aveva richiesto la sua personale assistenza, dopo aver passato almeno un paio di settimane a divorarlo con lo sguardo quando passava tra i bilancieri del settore attrezzi. Al pensiero gli sfuggì un sorriso e Carmelo, accanto a lui, lo scambiò per un cenno di consenso e finì col menargli un paio di colpetti complici sulla spalla. «Vedi? È proprio questo il problema dell'Italia, siamo indietro, siamo troppo indietro!»
    «Decisamente.» concordò Antonio, mostrandosi partecipe, poi però fece un plateale sospiro e si alzò dallo sgabello. «Scusa, ma ora devo proprio andare, ho un cliente.»
    «Non ti trattengo oltre.» assentì l'altro, alzandosi a sua volta. «Il caffè è offerto dalla casa.»
    «Grazie.» Antonio sorrise di nuovo e si voltò per dirigersi verso gli spogliatoi senza sognarsi neppure di contrattare su quel caffè scroccato.
    Ben presto si lasciò alle spalle la fastidiosa eco delle chiacchiere di Carmelo per ritrovarsi tra le mormoranti pareti argentate degli armadietti degli spogliatoi. A quell'ora c'era parecchio via vai. Giovani e meno giovani che staccavano da lavoro o dalle attività scolastiche per dedicarsi ad un po' di sana attività fisica e, come in ogni buona palestra che si rispetti, anche all'antica pratica dell'abbordaggio.
    Gli sguardi saettavano spesso su di lui, Antonio ne era perfettamente consapevole, si crogiolava in essi ogni santo giorno. A conti fatti quello era uno degli aspetti del suo lavoro che preferiva, oltre ovviamente, a quel famoso stipendio che gli aveva permesso, in poco tempo, di affittare uno splendido appartamento proprio in via Di Palma, una delle vie più belle della città.
    Sedette di fronte al proprio armadio personale appoggiando il borsone ai piedi. Non aveva ancora infilato la chiave nella serratura quando qualcuno gli si avvicinò.
    «Buonasera Antonio.»
    Alzò il viso verso l'uomo che aveva parlato. Non particolarmente alto né snello, ma ben proporzionato, con una folta chioma di capelli scuri screziati profusamente d'argento e una sottile barbetta che gli incorniciava il mento e la mascella, sottolineando lineamenti marcati ma non sgradevoli. Se ne stava un po' rigido, ad un passo di distanza dalla panca dove si era seduto il giovane. Gli occhi castani tradivano la compostezza con cui gli si mostrava, percorrendo avidamente ogni singolo centimetro del suo corpo.
    «Mauro, bentrovato. Pronto a sudare come si deve anche oggi?»
    «Pronto.» confermò l'altro.
    Antonio si tolse la maglietta e si sfilò i pantaloni, rimanendo praticamente in mutande di fronte all'avvocato, stiracchiando con noncuranza i muscoli delle braccia e della schiena. In fondo si meritava quel piccolo spettacolo, quell'uomo serioso che non sempre riusciva a nascondere le sue erezioni quando, durante la sessione, i loro corpi venivano accidentalmente in contatto.

    Erano quasi le ventidue quando Antonio uscì dalla Palestra per far ritorno a casa. La luce serale si era ormai dispersa nella notte imminente e i lampioni dalle luci arancio inondavano l'ampio parcheggio della loro luminosità calda. A fine settembre l'aria era ancora piuttosto tiepida, le giornate erano più brevi, ma l'estate stentava ad andarsene. Mentre camminava verso il luogo dove aveva parcheggiato la Yaris, borsone in spalla e cellulare alla mano per guardare i messaggi che gli erano arrivati durante il pomeriggio, sentì il suo nome chiamato da breve distanza. La voce era incerta ma il timbro inconfondibile.
    Alzò lo sguardo identificando una bella mercedes Coupé grigio acciaio. Si avvicinò incuriosito e quando fu a pochi passi dallo sportello il finestrino si abbassò. In quella luce crepuscolare il volto di Mauro apparve contrito e quasi grigiastro all'interno dell'abitacolo.
    «Avvocato, che ci fa ancora qui?» domandò il giovane, sentendo salire un certo formicolio dentro di sé.
    «Sì ecco, mi chiedevo se tu...» l'uomo esitava. Con quella sua voce garbata incrinata da un'emozione nuova che evidentemente non riusciva a tenersi dentro. «Se noi...»
    Antonio sorrise. Sorrideva spesso e in un modo che sapeva essere difficile da gestire per chi gli si trovava di fronte. Donne o uomini che fossero, reagivano sempre in modo scontato.
    Mauro non fece differenza. S'imbarazzò, arrossì, ammutolì.
    «Perché no?» rispose, nonostante non fosse stata formulata nessuna reale proposta. Ma non c'era bisogno di specificazioni, era ormai una comprovata abitudine quella di capire dove certe persone volevano arrivare. Lanciò uno sguardo alla sua vettura mentre rifletteva sulla cena a casa di Sofia a cui avrebbe dovuto andare; poi, con un'alzata di spalle, si infilò nell'auto dell'altro.
    Partirono in un iniziale silenzio colmo di nervosismo e aspettative, mentre Mauro, timidamente, allungava una mano verso il suo ginocchio.

    Non erano ancora le otto quando Antonio uscì dalla doccia. L'aria del bagno era satura di vapore tiepido e il grande specchio del lavandino era tutto appannato. Gocciolando con noncuranza sui morbidi tappeti che ricoprivano il pavimento mattonato il giovane si avvicinò, afferrò uno degli asciugamani e deterse la superficie fino a quando la sua figura flessuosa non emerse alla morbida luce del mattino. Si osservò con attenzione. I capelli bagnati si arricciavano in onde composte attorno al suo viso dai tratti regolari, sulla mascella ben delineata c'era l'accenno della barba in ricrescita. Alzò il mento osservandosi il collo e la linea delle spalle. A quel movimento i fasci muscolari in rilievo si contrassero fluidamente sotto la pelle che manteneva ancora una splendida abbronzatura.
    Si mise in punta di piedi e si voltò, le natiche si contrassero sottolineando la solidità dei glutei allenati e le cosce si gonfiarono. Alla fine afferrò uno dei teli che si trovavano appesi ai cerchi d'ottone alla parete e prese a frizionarsi. A quanto pareva, pur nell'impeto, Mauro non aveva lasciato segni su di lui.
    Era stata una notte interessante, certamente da ripetere. Con un focoso avvocato che Antonio aveva scoperto essere divorziato di fresco, che non aveva fatto altro che dirgli quanto l'amava, quanto era bello, quanto era desiderabile. Antonio era stato il suo primo uomo, a quanto pareva. Colui che l'aveva fatto cedere agli istinti lungamente repressi. Una bella conquista a conti fatti. Da annoverare tra le migliori degli ultimi anni.
    Il giovane avvicinò il viso allo specchio su cui si stavano formando nuove goccioline di condensa e ghignò verso se stesso. I suoi occhi di un azzurro profondo vibrarono di quel compiacimento che lo rendeva a tratti crudele e poi si socchiusero, quando la porta si aprì, e fece capolino la figura di Mauro avvolta in una vestaglia di seta scura.
    L'uomo gli si accostò da dietro e alzò le mani, lasciandole in sospeso dietro la sua schiena, quasi timoroso di toccarlo ancora. «Potrei non andare in ufficio stamattina, potrei chiamare la mia segretaria e farle spostare gli appuntamenti.» Propose con speranzosa timidezza.
    «Sarebbe bello.» concordò pigramente l'altro, strofinandosi i capelli con l'asciugamano e nascondendo il suo viso annoiato sotto di esso. «Purtroppo questa mattina ho da fare.»
    «Quando ci rivedremo?» domandò l'uomo, vagamente ansioso.
    «Domani sera, in palestra.» concluse Antonio, voltandosi e avvolgendo le sue braccia attorno alle spalle dell'altro. «Ti aspetto per la lezione.» Gli sfiorò le labbra con le proprie, in un tocco così leggero che non poteva neppure definirsi un bacio. A conti fatti Antonio non amava baciare le persone, ma per il resto gli concedeva così tanto che, fino ad allora, nessuno si era mai lamentato.
    Si fece riaccompagnare al parcheggio del Gymnika appena un'ora dopo, senza neppure aver fatto colazione, e s'imbucò frettolosamente nella sua auto, non voleva che Carmelo lo intercettasse e lo tirasse a parlare delle sue inutili facezie. S'imbucò nelle trafficate vie cittadine per raggiungere il proprio appartamento. Anche quella si prospettava come una giornata intensa, aveva più di quattro appuntamenti in palestra e inoltre aveva assicurato a suo padre che sarebbe passato in giornata a trovare i genitori.
    Inserendo la quarta, accelerò sul lungomare Vittorio Emanuele III, domandandosi blandamente in che modo avrebbe potuto scusarsi con Sofia, sapendo già in anticipo che sarebbe comunque stato perdonato.

    Patrizio Albano

    Tre turni di notte consecutivi non avevano mai rappresentato un problema per Patrizio e l'aveva più volte fatto presente, ciononostante Nando continuava a stupirsi della sua condiscendenza e insisteva nel dirgli che avrebbe dovuto protestare con la direzione. Anche quella mattina, subito dopo aver staccato dal lavoro, il collega più anziano lo aveva più volte invitato a fare colazione con lui affermando di essere preoccupato per la sua salute.
    Patrizio avrebbe solo desiderato tornarsene a casa e andare a dormire. Gettarsi nel letto, chiudere gli occhi e non riaprirli fino al giorno successivo, ma non poteva declinare per sempre, così, sotto lo sguardo corrucciato di Nando, fece un lento cenno d'assenso e iniziò a sfilarsi la giacca della divisa per riporla con le maniche ordinatamente ripiegate davanti nel vano superiore del suo armadietto.
    Senza togliersi la fondina della Beretta 98FS, agganciata attorno al busto, si infilò la giacca color sabbia, di cotone leggero, e l'abbottonò quel tanto che bastava a non lasciar intravedere l'arma. Lisciò con cura le piccole pieghe che si erano formate sul pettorale fino a quando non furono perfettamente distese e infine si incamminò verso la porta.
    Nando gli fu immediatamente dietro, non avevano ancora varcato la porta esterna che dalle sue labbra pendeva già una sigaretta accesa.
    «Devi farglielo presente, Patrizio, non puoi mica andare avanti così!»
    «Mi pagano di più se faccio i turni di notte.» obiettò, con voce quieta, atona.
    «Ma lo sai che per legge non se ne possono fare più di due consecutivi?»
    «Lo so.»
    Nando lo afferrò brusco al braccio, non avevano ancora attraversato la strada e il bar si trovava dal lato opposto. Patrizio si fermò e lo guardò.
    «Ma ti senti?» lo rimbrottò aspro il più anziano. La sua grossa faccia squadrata sembrava trasmettere una reale preoccupazione che poteva quasi passare per un'altruistica tendenza a curarsi di lui, ma c'era molto di più di quello e Patrizio lo sapeva.
    Diede un'occhiata furtiva alle dita sporche appoggiate alla sua giacca, ma represse comunque una smorfia seccata e rimase in attesa che l'altro continuasse la sua ramanzina.
    «Non lo dico solo per te, insomma, se arrivi stanco a lavoro non puoi farlo al meglio no? E poi questo apre dei precedenti, potrebbero decidere di dare tripli turni notturni a tutti quanti se tu non ti rifiuti.»
    Eccolo il punto, pensò il più giovane, nascondendo un sorriso sarcastico così come aveva nascosto la smorfia di fastidio poco prima. «Capisco. Lo farò presente a Garresi.»
    «E che cazzo!» borbottò Nando, lasciandolo finalmente andare e proseguendo verso la loro destinazione mentre sputava in terra la sigaretta accesa, ancora a metà.
    Quello che uscì dalla bocca del presunto preoccupato collega, una volta ordinato il caffè e un paio di cornetti con crema e marmellata, fu una semplice sequenza di lamentele. Lavorava per troppe ore, troppe poche ferie, troppi rischi e pochi soldi, sua figlia lo faceva dannare e sua moglie anche peggio. Il tutto condito con diversi “e che cazzo” e qualche bestemmia masticata insieme alla frolla della brioches. Patrizio lo ascoltò senza il minimo interesse. Tutte le attenzioni paterne verso di lui esaurite dopo la semplice raccomandazione di non fare più tripli turni, altrimenti avrebbero potuto toccare pure agli altri.
    Lo lasciò andare una mezz'ora dopo. Con sollievo Patrizio si incamminò di fretta verso l'edificio che ospitava il suo appartamento. Dato che si trovava nella stessa via dell'istituto di Vigilanza presso cui lavorava, spesso andava a piedi, quella era una di quelle volte.
    Mancava una manciata di giorni ad ottobre, ma le giornate erano ancora calde e soleggiate. Via Galeso era una strada importante di Taranto, nel quartiere Tamburi, ampia e circondata da palazzine di varia fattura, disconnesse, disarmoniche tra loro, si alternavano in palazzi alti dalle strette finestre e casolari di poco più di due piani, con intonaci dai colori smorzati dall'inquinamento e sgretolati dall'aria salmastra. L'asfalto disconnesso faceva fischiare gli ammortizzatori delle macchine e la gente che camminava sui marciapiedi teneva lo sguardo puntato verso il basso. Del resto c'era poco da guardare in quel posto.
    Dopo una ventina di minuti Patrizio raggiunse il suo palazzo e gli lanciò un'occhiata distratta. Alto sei piani, con la facciata che alternava il grigio del cemento al verde smorto di una tinteggiatura che aveva la sprovveduta pretesa di fare da abbellimento cromatico con le scalcinate serrande delle finestre. Una fila di macchine sostava davanti al marciapiede dell'ingresso, tra cui la sua Fiat Bravo blu metallizzato. Certamente il colore più brillante in quell'anonimo mare di squallore.
    Nel momento stesso in cui girò la chiave nella toppa la stanchezza che aveva percepito appena uscito dall'edificio dell'Istituto di vigilanza sembrò quasi prendere vita dentro di lui e assalirlo con violenza. La testa prese a pulsare dolorosamente. Entrò nella piccola anticamera che divideva la zona giorno da quella notte e si tolse la giacca, aprendo l'armadietto che sostava nella parete davanti alla porta. Prese una gruccia e vi infilò l'indumento, appendendolo tra gli altri soprabiti ordinati in perfetta sequenza cromatica. Lanciò uno sguardo verso la porta socchiusa della cucina, chiedendosi se valesse la pena rimanere in piedi ad occuparsi di qualche incombenza quotidiana. Alla fine desistette dall'idea e si diresse verso il bagno. Si sarebbe fatto la doccia e infilato subito a letto. Non aveva voglia d'altro.
    Il solo pensiero di dover passare due giorni senza lavorare gli faceva venire l'emicrania, meglio dormirci sopra il più possibile.
    Uscì dal vano tra volute di vapore vagamente aromatizzato di bagnoschiuma. Fu ben attento a non gocciolare in terra mentre si asciugava. Il corpo irrigidito aveva reagito positivamente all'acqua calda, avvertiva leggeri fremiti su braccia e gambe, intorpidite dalla nottata passata seduto in macchina con Nando a fare il giro dei negozi convenzionati. Si asciugò i capelli e indossò semplicemente mutande e una maglietta pulita. Sistemò il bagno, ripulendo con cura la doccia e raccogliendo i capelli caduti sul lavandino. Alla fine entrò in camera da letto, chiuse completamente le tapparelle e nella penombra raggiunse il letto. Si distese sotto il lenzuolo e la leggera coperta di lino.
    Voleva dormire con tutto se stesso. Ne aveva bisogno. Non desiderava altro che un lungo e profondo sonno privo di sogni. Era stanco. Per tre notti aveva girovagato per tutta Taranto da solo o con la compagnia di qualche collega ciarliero e seccante che non aveva fatto altro che peggiorare i suoi ciclici mal di testa. Il suo corpo doveva dargli retta, almeno per quella volta. Dopo tre infiniti, massacranti turni di notte.
    Niente da fare. Continuò a fissare tra le ombre del soffitto la crepa sottile che correva dal lampadario fino allo stipite della finestra. La percorse più volte con lo sguardo, sentendo le palpebre pesanti e gli occhi bruciare. Eppure il suo cervello non ne voleva proprio sapere di spegnersi.
    Erano anni che non riusciva più a dormire in maniera normale, anni che sostava anche per ore sul letto ad ascoltare i suoni del mondo esterno: quieti, sommessi, quasi ritmici la notte, turbolenti, schioccanti, incostanti di giorno.
    Esalò un lento respiro, sconfitto. Si mise seduto, protendendosi verso il comodino accanto al letto e aprì il cassetto. Al suo interno c'erano diverse scatolette. Prese dalla confezione bianca e blu dello Xanax una pillola e la ingoiò. Richiuse il cassetto e si ridistese.
    Presto non avrebbe più sentito alcun rumore, né fuori, né dentro di lui.






    CAPITOLO 1

    Il castello Aragonese alla sua sinistra risplendeva nelle tenebre notturne, le luci dei fari arancioni lo avviluppavano, stagliando la sua immane forma squadrata contro il nero sfaccettato del mare, lasciandolo sospeso tra i riverberi tremuli della superficie inquieta del canale e il cielo cupo e profondo. Le stelle sbiadite lottavano senza poter vincere contro la rutilante vanità umana. Era uno spettacolo di tronfio splendore e per quello Antonio decise di fermare la macchina nel bel mezzo del Ponte San Francesco da Paola, più noto come Ponte girevole. Per quello e per il quantitativo di alcool che quella sera aveva trangugiato.
    Arrestò la sua Yaris dimenticandosi persino di accendere le frecce e spavaldamente scese dall'abitacolo. Superò il piccolo marciapiede e, barcollando leggermente, si appoggiò con tutto il peso del corpo al parapetto di ferro. Dietro di lui, le macchine che viaggiavano nella stessa carreggiata strombazzarono il loro disappunto.
    L'aria era tiepida, anche se dal basso del canale un vento fastidioso gli scompigliava i capelli: il respiro dell'autunno o, più probabilmente, il refolo tardivo di un'estate che non voleva proprio andarsene.
    Antonio sollevò le mani e aggrappandosi al corrimano superiore si issò a forza di braccia, sbuffando. Quando la sua testa sbucò oltre le sbarre metalliche fece perno sulle ascelle e rimase penzoloni a guardare il mare aprirsi davanti a lui in un apparente, sconfinato vuoto. La brezza appena palpabile si sollevò all'improvviso, soffiandogli sul viso ancora più fredda, schioccando tra le sue orecchie come un bacio. Il giovane scosse la testa ridacchiando. Un bagno, ecco cosa ci voleva. Un bel bagno nel mare per schiarirsi le idee, per scrollarsi di dosso il velo nebuloso dei troppi Cuba Libre ingollati in una singola, fottuta serata in discoteca. E per giunta non aveva neppure rimorchiato.
    Tornare a casa solo, che novità!
    Antonio lentamente cominciò a rilassare i muscoli delle spalle per rimettere i piedi a terra, sorridendo tra sé all'idea malsana che quella sua mezza sbornia gli aveva appena suggerito; meglio rientrare a casa e buttarsi sotto la doccia, piuttosto che tra le onde gelide e insidiose del mare. Prima ancora che potesse fare anche quel semplice movimento qualcuno lo afferrò bruscamente alle spalle, strattonando la sua giacca e lo strappò via dalla rete.
    Confuso e con il panico che saliva, pensando ad un ladro intenzionato a fargli la pelle per portargli via portafoglio e macchina, cominciò a dibattersi, biascicando minacce e insulti. Tutto ciò che ottenne fu di inciampare sui suoi stessi piedi, permettendo al suo assalitore di spingerlo contro il parapetto, bloccandolo col peso del corpo.
    Altre macchine sfrecciarono accanto a loro, nessuna si degnò neppure di rallentare.
    Sempre più spaventato Antonio sollevò le braccia, nell'idea di mollare un pugno in faccia al ladro, ma la sua mano fu immediatamente intercettata. Con presa salda l'uomo addosso a lui strinse dita forti sul suo polso e glielo rovesciò in alto, sopra la testa, bloccandolo contro i montanti metallici.
    «Che cazzo vuoi?» gridò col terrore che gli serrava la gola. «Vuoi i soldi stronzo? Prendili, prendili e lasciami in pace!»
    «I soldi?» rispose l'assalitore, con voce insolitamente calma. «Niente del genere.» La sua presa salda parve vacillare. «Io credevo che tu...»
    Il giovane approfittò di quel momento di incertezza per spingerlo via e buttarsi di lato. Una volta libero dalla presa però si accorse che il suo precario equilibrio non sarebbe stato in grado di compensare la spinta. Scivolò di lato emettendo un ululato decisamente poco dignitoso e cozzò contro il marciapiede ruvido, sbattendo braccio e spalla destri.
    Il ladro rimase ad osservarlo silenzioso, nel punto esatto in cui aveva tentato di bloccarlo, con discreto successo.
    Antonio si mise lentamente seduto, un sordo dolore stava cominciando a fiorire proprio dietro alla fronte, la sbornia evidentemente stava per trasformarsi in una terribile emicrania dopo tutto quel trambusto. Sbatté le palpebre per scrollare dagli occhi le lacrime di dolore e, per la prima volta, osservò il suo aggressore.
    Un tipo alto, con una divisa blu e nera che calzava strettamente su un corpo snello e solido, spalle robuste e girovita stretto, sottolineato dalla giacca elasticizzata. I capelli lisci e corti, alle luci forti del Castello alla sua sinistra, assumevano tonalità fiammeggianti, il viso si perdeva un po' nella luminosità cangiante, difficile comprendere l'espressione. Non aveva un atteggiamento minaccioso. Se ne stava semplicemente immobile a guardarlo. «Credevo che stessi per gettarti dal ponte.» spiegò infine.
    Riprendendo un po' fiato Antonio si mise seduto. La caduta di poco prima gli aveva scorticato il palmo della mano destra e la testa pulsava sempre di più. «No.» mormorò «Stavo solo facendo il cretino, ma non volevo mica ammazzarmi.»
    Provò ad alzarsi, ma fu più difficile del previsto, oscillò in avanti, digrignando i denti in attesa del nuovo impatto. Fortunatamente il tipo in divisa si degnò di dargli una mano e lo mise praticamente in piedi, sollevandolo ad un braccio.
    Antonio appoggiò una mano ai sostegni metallici della ringhiera e si stabilizzò.
    «Sicuro di star bene?» chiese l'uomo.
    Il giovane sollevò di nuovo gli occhi su di lui. Ora poteva vederlo meglio. I lampioni del ponte gli mostrarono un volto giovane, poteva al massimo avere qualche anno più di lui. Ben rasato. Labbra morbide su un volto regolare, anonimo. Le sopracciglia si allungavano seguendo la linea dritta della palpebra, né troppo sottili né troppo folte. Ciglia scure ombreggiavano occhi chiari, difficile intuirne il vero colore, il riverbero forte delle luci artificiali li rendeva quasi glaciali. Ad osservarlo con più attenzione tutto di lui sembrava trasmettere la medesima freddezza.
    Con un brivido che gli percorse la schiena, Antonio si rese conto che il viso di quell'uomo non comunicava emozioni. Dopo tutta quella baraonda rimaneva piantato ad osservarlo senza praticamente interesse.
    «Sì, sto bene, grazie. Ho solo bevuto troppo.» Si portò la mano ferita alle labbra, il sapore del sangue si fece strada sulla lingua, aroma di polvere e ferro.
    «Sicuro?»
    «Non volevo suicidarmi, te lo garantisco. Mi stavo godendo il panorama, tutto qui.»
    «Bloccando la macchina in mezzo, ad ostruire il passo, e arrampicandoti sui parapetti?» Nonostante l'inespressività chiaramente il tono era scettico, forse vagamente ironico. La cosa irritò Antonio.
    «Non avrei neanche un dannato motivo per suicidarmi!» protestò aspro. «La mia vita è perfetta in questo momento.»
    Qualcosa cambiò, impercettibilmente, dopo la sua affermazione. Nel viso dell'uomo, nei suoi occhi di ghiaccio sembrò scoccare una scintilla. Antonio non riuscì ad interpretarla, si limitò a chiudere la bocca, sentendosi improvvisamente molto a disagio.
    «D'accordo. Allora meglio per te se te ne vai a smaltire la tua sbronza in un posto sicuro.» così dicendo l'uomo che gli era arrivato alle spalle come aggressore fece per andarsene come salvatore. Diretto verso una macchina con alcune stampe sulla fiancata, ferma a qualche metro di distanza, da cui lampeggiavano le quattro frecce ad intermittenza quasi ipnotica. La scintilla svanita. La voce di nuovo priva di tonalità.
    «A...» Antonio esitò. La sua mano ferita si allungò fino ad afferrare la manica dell'uomo, strattonando leggermente. «Aspetta.»
    L'uomo si volse, ma i suoi occhi si poggiarono solo sulle dita che lo stavano trattenendo. Antonio mollò subito la presa, per un attimo gli era sembrato di scorgere ancora un lampo minaccioso.
    «Volevo ringraziarti.» si affrettò a spiegare. «Sì, insomma, mi hai fatto prendere un colpo, però l'intento era buono. In teoria mi avresti salvato la vita, no?» Le sue labbra si piegarono automaticamente in un sorriso accattivante.
    «Devo andare.» disse l'altro brusco. «Sono di turno.»
    «Lo vedo. Sei un poliziotto?»
    «Sono una guardia giurata.»
    «Ah.» Antonio si passò la mano sana tra i capelli scompigliati, cercando di domare le onde scomposte che gli ricadevano sulla fronte. «E posso sapere almeno il tuo nome?»
    L'uomo lo squadrò. Ora diffidente.
    «Io mi chiamo Antonio Palmisano.» Si presentò, la voce che si faceva poco alla volta sempre più vellutata.
    «Patrizio Albano.» Formalità allo stato puro.
    Forse era proprio perché di fronte a lui si trovava qualcuno che aveva la stessa inviolabilità di una statua e questo lo rendeva troppo vicino ad essere una gustosa sfida. Forse perché quella sera Antonio non era riuscito a fare prede. O forse per un motivo sconosciuto su cui, anche ragionando, non ne sarebbe mai venuto a capo, d'impulso spinse oltre il suo sorriso, lo dischiuse lasciando trapelare un umido e tacito invito. Incalzò con gli occhi, provocò, spostandosi di un passo verso il corpo dell'altro e con il passo successivo valicò la distanza di sicurezza.
    Sarebbe bastato poco, un fremito leggero dello sguardo dell'uomo, un'occhiata fugace sulle sue labbra per tradirlo. Un movimento muscolare. Anche solo un lento, appena percettibile, accostarsi nella sua direzione.
    Non fu affatto deluso. L'uomo sbatté le palpebre e i suoi occhi caddero sulla linea appena scoperta della gola, scivolarono sulla bocca, evitarono lo sguardo diretto e sfuggirono altrove. Arretrò, sulle difensive, ma ormai Antonio era trionfante.
    «E se ti offrissi da bere?» pressò.
    «Mi sembra che per stasera tu abbia già bevuto abbastanza, inoltre sono di turno, come ti ho già detto.»
    «Un'altra sera.» Antonio chinò leggermente il capo, per cercargli gli occhi. «La prossima settimana.»
    Gli occhi di ghiaccio sfuggirono. La statua mostrava di già le prime crepe? Incredibilmente più facile del previsto.
    «Non mi pare il caso.» blanda difesa.
    «Perché no? Sei forse sposato? O fidanzato?»
    L'altro ricambiò improvvisamente lo sguardo, completamente spiazzato. «No.»
    Colpito direttamente nel segno, pensò con un moto d'orgoglio che fu ben attento a nascondere. Tuttavia il mal di testa incombente stava diventando un tormento, così il giovane decise di non prolungare oltre quel gioco e passò direttamente all'attacco. «Dai, il nostro è un incontro talmente assurdo che dobbiamo proprio riderci assieme, quando sarò un po' più lucido.» Rapido colmò la breve distanza che li separava. Toccò col petto il braccio dell'altro. Alzò il mento per sussurrargli all'orecchio. La prova definitiva. L'ultima stoccata. Se non funzionava voleva dire che quella davvero non era una buona serata e avrebbe fatto meglio a restarsene a casa. «Sarà davvero interessante, Patrizio.» promise, languido.
    Lo avvertì con chiarezza, quasi fosse sulla propria pelle. Patrizio rabbrividì.
    «D'accordo. Ma quando? E dove?» capitolò finalmente l’uomo.
    Antonio si prese qualche istante per pensarci. «Dammi il tuo numero di telefono.» chiese infine. Sarebbe stato opportuno non lasciargli delle scappatoie, se fosse stato lui a dargli il suo biglietto da visita non era certo che sarebbe stato richiamato.
    La guardia lanciò un'occhiata verso la sua macchina, infine si allontanò per raggiungerla. Per un istante Antonio pensò che sarebbe salito all'interno fuggendo. L'uomo invece si limitò a prendere qualcosa dal cruscotto. Quando tornò indietro notò che tra le dita aveva un foglio e una penna. Scribacchiò rapido una sequenza di numeri e gli porse il foglio di carta.
    «Magnifico. Ti chiamerò molto presto.» assicurò il giovane, gongolando.
    L'altro annuì brusco. «Ora devo andare.» Senza neppure dargli il tempo di salutarlo s'imbucò nell'abitacolo dell'auto e si allontanò verso Corso due Mari.
    Antonio osservò il foglio che aveva in mano. Era il volantino pubblicitario di un'agenzia di vigilanza. La VIS di Taranto. Un'aquila in volo faceva da sfondo ad uno slogan conciso e ad effetto: “Pronti a scattare!” Subito sotto c'era la lista di servizi offerti: videosorveglianza, teleallarme, vigilanza notturna, scorta a portavalori. E, in fondo, a caratteri sottolineati di rosso, indirizzo, fax, telefono ed e-mail. Ancora più in basso, scritto a penna con una scrittura piuttosto pulita, con gli zeri perfettamente chiusi e senza neppure una sbavatura, c'era un ulteriore numero.
    Il primo conato di vomito lo raggiunse pochi istanti dopo. Con una smorfia Antonio accartocciò il biglietto, se lo infilò nella tasca dei pantaloni e si decise a raggiungere l'automobile. Prima rientrava a casa e meglio sarebbe stato. Se non altro la serata non era stata del tutto sprecata e quel numero di telefono valeva bene una scorticatura alla mano e una vomitata, inginocchiato davanti al cesso.

    * * *

    Patrizio non riusciva a crederci. Cosa accidenti era successo su quel maledetto ponte? Perché mai si era fermato per soccorrere un pazzo suicida? Non era un dannato supereroe, non aveva nessun obbligo morale né, a conti fatti, nessun diritto di intromettersi nelle decisioni di una persona.
    E poi a cosa era servito il nobile gesto? A scoprire che l'aspirante suicida era solo un ragazzotto ubriaco che si era messo a guardare il panorama ingombrando pericolosamente la strada! E che diavolo era successo in quei pochi minuti in cui avevano parlato? Gli aveva davvero dato il suo numero di telefono? Per uscire in settimana a bere con lui? Con un perfetto sconosciuto? Ma se non accettava neanche gli inviti dei suoi colleghi! Non che lo invitassero spesso a dirla tutta...
    Eppure non riusciva ancora a togliersi dalla testa quei morbidi capelli neri, lucidi e scompigliati. Quel viso semplicemente perfetto. La mascella snella, guizzante, le labbra dolcemente inclinate, i denti candidi che si svelavano in un sorriso così seducente. Rivolto a lui, per lui e per nessun altro. Gli occhi, dal taglio così singolare, erano certamente chiari, ma riflettevano una profondità quasi abissale. Erano stati in grado di affondargli dentro con una tale facilità!
    Patrizio si passò una mano sul viso, sconcertato. Era come se lo avesse scoperchiato e gli avesse guardato l’animo. Come era riuscito a capire che lui...? O, ancora peggio, cosa esattamente aveva visto in lui per spingersi a tanto, con una simile sfacciataggine?
    Ma forse poteva ancora rimediare. Sarebbe stato sufficiente non rispondergli, o magari dirgli che aveva cambiato idea e che non era interessato ad andare a bere proprio un bel niente con lui.
    Sarà davvero interessante. Aveva detto. E poi lo aveva chiamato per nome, con una tale familiarità da fargli avvertire brividi su tutta la pelle. L'odore di sigaretta sui suoi capelli e la fragranza ricercata sul collo si erano mescolati insieme quando si era avvicinato. Un profumo quasi tossico. Era bastato solo quello e il leggero tocco delle labbra sul lobo del suo orecchio per avvertire una scossa all'inguine.
    Sarebbe bastato dirgli che lui non voleva avere niente a che fare con i ricchioni, sarebbe stato tutto più facile al telefono, senza averlo fisicamente davanti, senza annusare il suo profumo e senza dover affogare nella sua voce ammaliante.
    Quell'assurda faccenda si sarebbe risolta come meritava, eclissata con il resto della spazzatura dei suoi ricordi.





    CAPITOLO 2

    «No, aspetta un attimo, mi stai davvero dicendo che ieri notte hai rimorchiato un tizio sul Ponte girevole? » Sofia, seduta al bancone accanto a lui, mantenne sospeso il bicchiere con l'aperitivo a pochi centimetri dalle labbra, mentre gli occhi scuri, puntati su di lui, si spalancavano increduli dietro il riflesso lucido delle lenti degli occhiali.
    Si conoscevano da dieci anni, avevano frequentato la stessa classe al liceo e nell'ultimo periodo erano persino stati nello stesso banco, fingendo una relazione già allora molto chiacchierata: il bello della scuola e la secchiona bruttina con gli occhiali e il seno piatto. Nella realtà Sofia aveva sempre saputo che ad Antonio non interessavano le grazie femminili e, contrariamente alla maggior parte della gente, aveva trovato la cosa intrigante. Era lei che nei turbolenti anni adolescenziali gli aveva fornito gli alibi più credibili con amici, compagni di classe e persino genitori.
    «Già.» Compiaciuto, Antonio confermò l'affermazione della donna, rimescolando con la cannuccia il suo Cinderella. Quella sera aveva optato per un cocktail di quelli innocui, per un po' avrebbe fatto a meno dell'alcool, considerando come era andata la nottata e la mattina successiva alla sua serata brava. Anche in quel preciso istante, quando ormai il mal di testa feroce, l'arsura e il ribollire dello stomaco si erano placati, avvertiva un lieve disagio di fronte ai brillanti led del Caffè a cui erano seduti.
    Il posto godeva di una bella atmosfera, con le sue pareti adorne di quadri che ritraevano la belle epoque e specchi dalle sgargianti cornici dorate, intagliate con motivi floreali articolati, dal sapore d'altri tempi. Il tutto condito con tavoli di marmo lucidato e sedie imbottite di velluto rosso. La cosa più suggestiva e più terribile al tempo stesso per il giovane, almeno in quella particolare occasione, erano proprio i pretenziosi lampadari che emulavano i candelieri delle sale da ballo parigine ai tempi del Re Sole. Quello era un bar che aveva aperto di recente, contando su un aspetto ricercato e un po' barocco, e che lui e la sua amica amavano frequentare abbastanza assiduamente, era elegante e si trovava a breve distanza dalle rispettive abitazioni.
    Sofia abbassò lentamente il bicchiere e afferrò tra indice e pollice la mezza fetta d'arancia appoggiata sul bordo trasparente, portò l'agrume alle labbra e l'addentò, stando ben attenta a non sbavare il rossetto. Di certo, dall'epoca della scuola, il suo aspetto non era molto cambiato: la pesante miopia la costringeva ad indossare occhiali dalle lenti spesse, i suoi capelli troppo ricci le si gonfiavano sul capo disordinatamente ed era rimasta magra come un chiodo, difficile scorgere in lei le morbide forme femminili. Ciononostante curava abilmente il proprio aspetto. Dietro sapienti miscele di colore gli occhi di un castano assai cupo, offuscati dalla pesante montatura degli occhiali, riuscivano a risplendere come gemme d'onice e gli abiti ricercati e attentamente combinati celavano in buona parte i suoi difetti estetici. «E come avresti fatto?» continuò incuriosita. «Ti sei messo a fare la lap dance ad uno dei pali della luce?»
    «Stava cercando di salvarmi, pensava volessi buttarmi dal ponte.» precisò Antonio sogghignando. «Anche se in realtà mi ero fermato solo per guardare il mare. Avevo una sbronza poetica, per così dire.»
    «Un tipo come ce ne sono pochi allora. Al giorno d'oggi alla gente non gliene importa niente di quello che fanno gli altri, neanche se si vogliono suicidare.»
    «In effetti all'inizio pensavo volesse derubarmi.»
    «Quindi te lo porterai a letto?» insistette lei, facendo una smorfia.
    «Beh, prima berremo qualcosa insieme.»
    «Ma non stavi uscendo con quel tipo, l'avvocato?»
    Antonio sorseggiò lentamente la bevanda, il sapore agrumato gli solleticò piacevolmente la lingua. Dolce e aspro insieme. «Mauro? Mi vedo ancora con lui. Dobbiamo uscire a cena domani sera, dopo aver terminato la sessione d'allenamento.»
    «E frequenterai anche il salvatore di ubriachi?» Sofia inclinò il busto di lato e si sporse per guardarlo in faccia. Le labbra all'ingiù e il naso arricciato denotavano un certo disappunto.
    Antonio le sorrise, sornione. «Perché non dovrei? È un tipo strano, avresti dovuto vederlo. Rigido come uno stoccafisso. Praticamente non ha mai sorriso, anzi, non ha avuto neppure la benché minima reazione.» Il suo sorriso si fece affilato, rammentando l'effetto provocato nell'uomo quando aveva deciso di accorciare nettamente le distanze. «Tranne quando gli sono andato tanto vicino da sussurrargli all'orecchio una non troppo velata promessa di sesso.»
    Sofia strinse le labbra, continuando a scrutarlo con le sopracciglia che si incurvavano sempre di più. «Gli hai promesso del sesso, ma non gli hai detto che sei un bastardo di prima categoria, vero?»
    «Ehi!» Antonio le rivolse una scherzosa occhiataccia offesa. «Non è vero che sono un bastardo, e poi dovresti vedere com'è corso a prendere il foglio per scrivere il suo numero di telefono.»
    «Quest'uomo si è fermato per salvarti la vita in piena notte, è una brava persona, Antonio, mentre tu sei uno stronzetto che vuole portarselo a letto un paio di volte e scaricarlo quando ne troverai un altro che ti intrigherà di più.»
    Il ragazzo scrollò le spalle. «La fai troppo romantica, come sempre. Scommetto che anche lui vuole solo portarmi a letto un paio di volte e poi finirla lì.»
    «È che so con chi ho a che fare.» ribatté lei, stizzita. «Se non ci conoscessimo da una vita ti avrei mandato a quel paese un'infinità di volte.»
    «Lo hai fatto.» puntualizzò il moro.
    «E sempre a ragione. Come l'altra sera che mi hai lasciato ad aspettarti con la cena pronta in tavola. Neanche uno stupido messaggio per avvertirmi!» insistette la donna, fulminandolo con lo sguardo.
    «Andiamo, mi sono scusato un'infinità di volte e inoltre mi sono fatto perdonare, no?» miagolò il giovane, con voce flautata.
    «Non sei tu che ti sei fatto perdonare, sono io che sono troppo buona con te!» replicò l'amica, sventolando una mano come se quelle parole fossero simili a fastidioso fumo. «E comunque con mandarti a quel paese intendo in maniera definitiva.»
    Antonio bevve un altro paio di sorsi e poi sospirò a fondo. «Non ci riusciresti mai.» si protese a darle un bacio sulla guancia. «Sono troppo adorabile per essere scaricato.»
    Sofia sbuffò. «Prima o poi anche tu finirai per scottarti.»
    «Che cos'è?» Il giovane si finse risentito. «Una minaccia?»
    Lei parve rifletterci per un lunghissimo istante, poi scrollò le spalle con noncuranza. «No, è una profezia.»

    * * *

    Aveva deciso di non pensarci. Aveva deciso di accantonare la faccenda e fingere che non fosse mai accaduta. Nonostante il proposito la cosa sembrava prospettarsi molto più ardua del previsto.
    La notte dell'incontro ci aveva rimuginato rabbiosamente fino a liberarsi delle strane, pressanti sensazioni che quell'incontro gli aveva provocato. La mattina dopo, staccando dal turno e rientrando a casa, sotto la doccia tutto era tornato prepotentemente a galla.
    Quel viso così bello da sembrare uscito dalla copertina di un giornale di modelli, quegli occhi incantevoli che scintillavano maliziosi, la bocca piegata in un sorriso seducente. E come se non bastasse era poi emersa anche una nuova consapevolezza, passata in sordina fino ad allora, fino a quando il suo cervello malato non l'aveva riesumata al solo scopo di tormentarlo: i loro corpi stretti l'uno all'altro, il respiro concitato del ragazzo sulla pelle della gola, il divincolarsi contro il petto, un fascio di nervi, ossa, muscoli turgidi, scattanti, giovani. E perché ora tutta quella situazione assumeva una sfumatura erotica quando nella realtà era stato solo un colossale, imbarazzante fraintendimento? Aveva perfino fatto la figura dell'idiota e quel sussurrargli allusivo all'orecchio sicuramente non era che un'ulteriore presa in giro ai suoi danni.
    «Stupido! Stupido!» ripeteva a denti stretti, con la fronte appoggiata alle piastrelle della doccia, mentre l'acqua gli scorreva ghiacciata tra i capelli, scivolando sulla schiena, sul petto, lungo le natiche e le cosce. «Così dannatamente stupido.» Le labbra gli tremavano, il corpo intirizzito e l'erezione che lentamente rattrappiva.
    Uscì dalla cabina battendo i denti e con la punta delle dita praticamente insensibile. Se non altro si sentiva più calmo, il disagio fisico dell'acqua gelata sul corpo aveva finito col soffocare anche la più insistente pulsione.
    Sarebbe stato sufficiente lasciar trascorrere i giorni per ristabilire l'equilibrio. Al massimo avrebbe dovuto sopportare qualche altra doccia fredda, ma poco male, era un fastidio di poco conto a fronte di un ben più grave tormento.
    Come al solito ripulì completamente il bagno, lasciandolo asciutto e rassettato. E come al solito si rivestì in camera, sistemando la divisa al suo posto dentro l'armadio, e infilandosi poi sotto le lenzuola. La routine gli era sempre d'aiuto, mettere a posto ciò che lo circondava serviva un po' ad ordinare anche quello che aveva dentro. Certo, non era sufficiente a risanare le cose, ma era un buon palliativo.
    Quella volta non ci provò nemmeno a chiudere gli occhi sperando che bastasse, aprì subito il cassetto e ingoiò la pillola.

    Fu il rumore insistente del campanello a svegliarlo. Si rigirò un paio di volte prima di riuscire ad aprire le palpebre. Il torpore derivato dal medicinale era come il pesante coperchio di marmo di una bara lasciato malamente dischiuso: ovattava i suoni, filtrava la luce, annebbiava persino i sogni, rendendoli poco più che strascichi di anonimo malessere. Il risveglio era la cosa peggiore, quasi come riemergere sopra il pelo dell'acqua dopo aver rischiato di affogare.
    Gemette e si mise seduto, tentando di recuperare un po' di lucidità. Chi mai poteva essere a quell'ora? Dando un'occhiata alla finestra notò che la luce era bassa e dai riflessi cremisi, troppo tardi perché fosse il postino. Forse un vicino che veniva a lamentarsi di nuovo per qualche perdita. Era già successo in passato, quando i tubi di scarico avevano iniziato a perdere allagando la camera da letto della famiglia che viveva sotto il suo appartamento. Mise le gambe fuori dal letto e si alzò in piedi. Stava per incamminarsi verso l'ingresso quando il suono, trillante e continuo, assunse una connotazione ben diversa. Si bloccò che non aveva ancora raggiunto la porta della camera, i piedi nudi sul pavimento freddo, un brivido che risalì la sua spina dorsale fino a fargli rizzare i capelli alla base della nuca.
    A suonare non era il campanello della porta, ma il cellulare.
    Non può essere lui. Si disse febbrilmente. E se lo è basterà semplicemente dirgli quello che mi ero ripromesso. Prese tra le mani il piccolo apparecchio, scrutando guardingo il numero che appariva sul display. Sconosciuto.
    «Pronto?» Non voglio avere niente a che fare con i ricchioni! «Chi parla?»
    «Patrizio, ciao. Ti ricordi di me?» la voce aveva una sonorità blandamente nasale attraverso la cornetta, ma era inconfondibile il timbro, allegro, sottilmente sfacciato.
    «Sei il ragazzo del ponte?» Non voglio avere niente a che fare con i ricchioni!
    «Proprio io!» trillò l'altro. «Anche se speravo che ti ricordassi il mio nome.»
    «Mi spiace.» Non voglio avere niente a che fare con i ricchioni!
    «Beh, non fa nulla, avrai modo di ricordartelo in futuro.» Una breve risata, il tono si era già fatto lievemente provocante. «Sono Antonio. Ti chiamo per quella bevuta assieme. Tu ed io. Che ne dici? Quando sei libero questa settimana?»
    Non voglio avere niente a che fare con i ricchioni! «Venerdì. Finisco il turno la mattina.»
    «Perfetto! Ci vediamo di fronte al gazebo di Piazza Garibaldi alle ventidue?»
    Non voglio... «Le ventidue? Ci sarò.»
    «Allora a venerdì.» La conversazione si chiuse. Un ronzio appena accennato a cui seguì un silenzio accusatorio. Patrizio fissò il display illuminato che segnalava numero e ora della chiamata, fino a quando non si spense da solo.
    Appoggiò il cellulare sopra il ripiano del comodino e tornò a sedere sul bordo del letto. Gomiti sopra le ginocchia e testa tra le mani. Si sentiva quasi come se non fosse stato lui a parlare al telefono ma qualcun altro. E provava del biasimo verso quella persona debole che non era riuscita in alcun modo a sbarazzarsi di una assai importuna circostanza. Sarebbe bastato così poco, pronunciare ad alta voce la semplice frase che gli era rimbombata nel cervello continuamente ad esempio; ma no, aveva taciuto, era andato avanti ad ascoltare quella voce allettante fino ad accettare la proposta!
    Certo, poteva comunque evitare di andare all'appuntamento. Poteva trovare una scusa, o non trovarla affatto, e lasciare che quel ragazzo si offendesse per la scortesia. Ma non era ottuso al punto di non capire che una parte di lui, la parte più laida e meschina, stava in quel momento fremendo di eccitazione e che sarebbe stato difficile, forse impossibile, impedirle di raggiungere quello che da tutta la vita bramava.
    Non sarebbero bastate mille docce gelate per rimettere a posto la situazione.
    Le ombre del tramonto si allungarono rapidamente all'interno della camera, immergendolo in una oscurità velata, opprimente. Patrizio sollevò il capo sospirando. Doveva vestirsi, uscire a far spesa, prepararsi la cena, sistemare alcuni documenti, riordinare le bollette e dividere quelle pagate da quelle ancora da evadere. Ricontrollare i turni della settimana, fare la quotidiana manutenzione della sua Beretta. Doveva muoversi, tenersi occupato. Lo attendeva una lunga serata e una ancor più lunga nottata prima di tornare a lavoro. Per un istante fu quasi tentato di chiamare Nando, invitarlo ad uscire a bere qualcosa con lui, giusto per non restare da solo. Ma si scrollò di dosso in fretta quell'idea, sarebbe stato ancor peggio di quanto già non era.
    Ciò che gli restava davvero da fare era tirare avanti come al solito e poi recarsi all'appuntamento quel maledetto venerdì, bere qualcosa in compagnia di Antonio e concludere la serata senza neppure sfiorarlo. Era la sola cosa appropriata per dimostrare a se stesso di essere ancora capace di gestire la propria vita senza che questa rimanesse impigliata nella trappola mortale delle facili tentazioni e dei dolorosi cedimenti emotivi.
    Non voleva più sentirsi sporco e vulnerabile.
    Nessuno lo avrebbe mai più ferito.


    Edited by Tora* - 15/3/2013, 16:38
     
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  2. Le Peruggine
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    Wah! Grazie mille per aver fatto questo post, ne siamo felici e onorate! :chu:
    Se non rappresenta un problema per le regole del forum e la ritenete una cosa gradita potremmo inserire in questo post una piccola preview del romanzo. Cosa ne dite? Si può fare? :uhm:
     
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    » der ♥ Himmel «

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    CITAZIONE (Le Peruggine @ 15/3/2013, 14:38) 
    Wah! Grazie mille per aver fatto questo post, ne siamo felici e onorate! :chu:
    Se non rappresenta un problema per le regole del forum e la ritenete una cosa gradita potremmo inserire in questo post una piccola preview del romanzo. Cosa ne dite? Si può fare? :uhm:

    si può fare, oddio vi prego *^*

    se mi passate il materiale per messaggio privato lo sistemo io nel topic principale *^*
     
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    CITAZIONE (Le Peruggine @ 15/3/2013, 14:38) 
    Wah! Grazie mille per aver fatto questo post, ne siamo felici e onorate! :chu:
    Se non rappresenta un problema per le regole del forum e la ritenete una cosa gradita potremmo inserire in questo post una piccola preview del romanzo. Cosa ne dite? Si può fare? :uhm:

    Abbiamo aggiornato il topic, spero vi piaccia e vi ringrazio immensamente per averci permesso di postare l'anteprima! *inchino*
     
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  5. Sion89
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    Letta l'anteprima è già la storia ha preso una piega mooooooltoooo interessante :mmh: :mmh: :mmh: . Antonio sembra infischiarsene degli altri e godersi la vita che come ha detto lui stesso è perfetta in questo momento (vorrebbe pure avere il piede in due scarpe tanto per fare una metafora..XD abbasso i triangoli!!XDXD) mentre Patrizio al contrario è chiuso in un muro fatto di cemento armato piombo e acciaio che nessuno riesce a scalfire o almeno fino all'incontro con Antonio che in tipo tre mosse abbatte tutte le difese della guardia giurata che mi sembra di capire nasconda qualcosa del suo passato che lo ha fatto parecchio soffrire e fatto diventare quella persona all'apparenza fredda e indifferente che mostra. Due persone agli opposti ma come si dice sempre "gli opposti si attraggono" e io non aspetto altro!! :luv: :luv: Il romanzo promette bene!!!^__^ assolutamente da non perdere!!XD grazie per averci dato l'opportunità di leggere un'anteprima e anche l'immagine postata!! bellissima^____^
     
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    Un inizio bello e interessante, i due protagonisti sono cosi agli opposti.
    Antonio cosi sfacciato e decisamente pieno di se, che esprime quello che pensa.
    Patrizio chiuso nel suo dolore, che sprizza freddezza ma che dentro è un uragano in azione che non riesce a calmarsi.
    Chissà cosa combineranno i due insieme!
     
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  7. Le Peruggine
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    CITAZIONE (Sion89 @ 15/3/2013, 18:57) 
    Antonio sembra infischiarsene degli altri e godersi la vita che come ha detto lui stesso è perfetta in questo momento (vorrebbe pure avere il piede in due scarpe tanto per fare una metafora..XD abbasso i triangoli!!XDXD) mentre Patrizio al contrario è chiuso in un muro fatto di cemento armato piombo e acciaio che nessuno riesce a scalfire

    Ma grazie! Ottima analisi, davvero! Si vede che abbiamo a che fare con delle esperte del genere! :uk:

    CITAZIONE (77alexsub @ 15/3/2013, 21:20) 
    Antonio cosi sfacciato e decisamente pieno di se, che esprime quello che pensa.
    Patrizio chiuso nel suo dolore, che sprizza freddezza ma che dentro è un uragano in azione che non riesce a calmarsi.

    Non possiamo che ribadire quanto detto nella precedente risposta. Siamo davvero contente che vi sia piaciuto! :tata: :tata:
     
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  8. kiyoko_chan
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    Letti questi primi capitoli e devo dire che la storia lo trovata molto interessante!! già dal loro "incontro,scontro xD" Antonio mi piace come personaggio ^^ sembra che sappia ciò che desidera e vive appieno la sua vita sotto ogni punto di vista xD Patrizio.. oddio direi una contraddizione continua su ciò che pensa e su quello che poi alla fine fa xD ma sicuramente gli sarà successo qualcosa di grave per essere cosi insicuro sulle propie dicisioni.. come è stato detto in precedenza molto diversi tra loro ^___^ non posso esprimermi di più perchè ho letto troppo poco, ma ho una gran voglia di leggere il seguito =)
    P.S: molto bella l' immy *___*
     
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  9. kahory
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    Interessante , molto fluido, dal ritmo incalzante come il suono di un tamburo, che aumenta di continuo la sua cadenza. I caratteri dei due protagonisti così diversi tra loro, non possono fare a meno di attrarsi e attrarre me nel continuare a leggere. Se fosse stato possibile, avrei letto tutto in un solo fiato. Non vedo l' ora di poterlo farlo, grazie un aspettativa emozionante.
     
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  10. Le Peruggine
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    CITAZIONE (kiyoko_chan @ 16/3/2013, 17:46) 
    Letti questi primi capitoli e devo dire che la storia lo trovata molto interessante!! già dal loro "incontro,scontro xD" Antonio mi piace come personaggio ^^ sembra che sappia ciò che desidera e vive appieno la sua vita sotto ogni punto di vista xD Patrizio.. oddio direi una contraddizione continua su ciò che pensa e su quello che poi alla fine fa xD ma sicuramente gli sarà successo qualcosa di grave per essere cosi insicuro sulle propie dicisioni.. come è stato detto in precedenza molto diversi tra loro ^___^ non posso esprimermi di più perchè ho letto troppo poco, ma ho una gran voglia di leggere il seguito =)
    P.S: molto bella l' immy *___*

    Grazie, grazie davvero per il bellissimo commento! In effetti Antonio e Patrizio sono praticamente l'uno l'antitesi dell'altro! Ma di solito questo rende le cose più interessanti, no? ^__*


    CITAZIONE (kahory @ 16/3/2013, 22:29) 
    Interessante , molto fluido, dal ritmo incalzante come il suono di un tamburo, che aumenta di continuo la sua cadenza. I caratteri dei due protagonisti così diversi tra loro, non possono fare a meno di attrarsi e attrarre me nel continuare a leggere. Se fosse stato possibile, avrei letto tutto in un solo fiato. Non vedo l' ora di poterlo farlo, grazie un aspettativa emozionante.

    Grazie infinite anche a te Kahory, siamo davvero contente che il ritmo sia incalzante!
    Ricordiamo che è aperta la prevendita. Chiunque voglia aggiungersi o comunque dare un occhio alle varie info a riguardo di questo romanzo può venire a trovarci sul nostro blog, in firma trovate l'indirizzo.
    :tau: :tau:
     
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    aaaaah si prospetta già un altro stupendo romanzo da gustarsi tutto d'un fiato :gods:
    già fremo dalla voglia di averlo fra le mie manine :blo:
    grazie infinite per i cap. postati e per l'immagine che è da sbavo *ççç*
     
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  12. Le Peruggine
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    CITAZIONE (yuki @ 18/3/2013, 22:23) 
    aaaaah si prospetta già un altro stupendo romanzo da gustarsi tutto d'un fiato :gods:
    già fremo dalla voglia di averlo fra le mie manine :blo:
    grazie infinite per i cap. postati e per l'immagine che è da sbavo *ççç*

    Un sentito grazie anche qui, cara!
    Nel volume sono presenti altre illustrazioni, considerato l'apprezzamento ricevuto per le immagini presenti nel romanzo "Nettare di Campanula" abbiamo ritenuto che fosse cosa gradita. :D
     
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    Veramente bella questa preview! Molto ben scritta, mi sembra una storia ricca e coinvolgente!! Ed ora è appena all'inizio!! Patrizio mi sembra molto profondo come personaggio, un po' contorto, ma dal passato burrascoso probabilmente, mentre Antonio....troppo sicuro di sè mi sa! se si innamorerà tirerà fuori un'altro carattere? Mi è piaciuta anche l'amica, Sofia, mi sembra molto acuta...
    Grazie per questi primi capitoli, mi hanno incuriosita parecchio!
     
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  14. Le Peruggine
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    CITAZIONE (stihlia @ 27/3/2013, 12:13) 
    Veramente bella questa preview! Molto ben scritta, mi sembra una storia ricca e coinvolgente!! Ed ora è appena all'inizio!! Patrizio mi sembra molto profondo come personaggio, un po' contorto, ma dal passato burrascoso probabilmente, mentre Antonio....troppo sicuro di sè mi sa! se si innamorerà tirerà fuori un'altro carattere? Mi è piaciuta anche l'amica, Sofia, mi sembra molto acuta...
    Grazie per questi primi capitoli, mi hanno incuriosita parecchio!

    Grazie mille a te per il commento. Sapere il vostro parere ci fa grande piacere e ci aiuta a capire se stiamo lavorando bene! :luluv:
    Il libro sarà presto in vendita ;)
    Grazie ancora! :chu:
     
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13 replies since 15/3/2013, 00:02   540 views
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